#Reportage EllePì – Voci di donne dal Chiapas – Parte Prima: Casa Gandhi
Dopo il progetto Un passo dopo l’altro – Un viaggio a piedi lungo la via Emilia, la fotografa Floriana Dinoi torna a raccontare di luoghi, persone e lavoro. Il nuovo reportage, sostenuto anche dalla Fondazione, parte dalla Rancher Los Alcanfores Huitepec nello Stato del Chiapas (Messico) e ruota tutta intorno alla comunità che vive in questa riserva ecologica a 2.500 metri sul livello del mare. In particolare, il racconto si concentra su Casa Gandhi, fondata 23 anni fa da Chiara Beltramello e sul percorso di emancipazione che le donne hanno intrapreso in Chiapas a partire dalla rivoluzione zapatista. Il prossimo mese online anche la seconda parte del Reportage EllePì con l’intervista a Marisol che ci racconterà la storia della sua lotta per l’emancipazione.
“Sono 23 anni che vivo in Chiapas, ero difensora dei diritti umani per il movimento Zapatista, nei primi anni ho vissuto nelle comunità autonome”. Chiara Beltramello è una donna italiana di 48 anni e vive con suo figlio sulle montagne di Roncher Los Alcanfores Huitepec, in Messico (La Rancheria è una riserva ecologica dove sono presenti popoli indigeni e da 16 anni è protetta dall’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale). All’età di 25 anni decide di trasferirsi e comprare un terreno, quello che attualmente ospita Casa Ghandi.
“Grazie all’esperienza che ho fatto con le comunità autonome abbiamo deciso io e mio figlio, di far nascere un progetto ugualmente autonomo. Noi non siamo una ONG né una associazione civile, abbiamo deciso che il progetto doveva essere autogestito da noi e dall’energia di persone che credevano in quello che stavamo facendo, persone pronte a creare uno spazio differente e fare la differenza”. Casa Ghandi è nata per offrire alla comunità Tzoziles il supporto ai compiti dei bambini della scuola primaria, e una fattoria con l’orto e animali. Decidono di combinare entrambe le realtà, coinvolgendo i bambini nelle semine collettive e nelle cure degli animali. Nella parte alimentare dell’orto si coltivano pomodori, cipolle, zucchine, carote, mango e altri tipi di verdure. Nella serra si coltivano piante medicinali per la salute delle donne della comunità, far conoscere le proprietà delle piante medicinali e il loro utilizzo.
“Negli anni ho creato il collettivo di donne della comunità, chiamato “Las Orquideas”. Ci occupavamo di temi sulla salute riproduttiva delle donne, organizzavamo incontri per discutere su questioni di genere e sui diritti delle donne e dei bambini, parlavamo e ci informavamo sull’uso delle piante medicinali. Negli stessi anni mi ero iscritta all’università nella facoltà di Erboristeria”. Qui apprende che la comunità è il motore principale attraverso il quale le persone possono camminare e tracciare la propria storia. Nelle parole di Chiara: «la comunità ci permette di affrontare il sistema oppressivo e di essere in grado di costruire autonomamente i nostri spazi di educazione, salute, agricoltura ed economia». Per capire il contesto in cui ci troviamo è importante sapere l‘aspetto socio – politico delle donne della comunità e del perché Chiara negli anni si è occupata di loro.
Il contesto: San Cristóbal de Las Casas
Nella città di San Cristobal, nello stato del Chiapas, in Messico, vivono varie comunità indigene. I principali gruppi sono i Tzoziles e i Tzeltal che compongono più del 20% della popolazione, vivono in case rettangolari fatte di tetti di paglia e pareti di canne, con un mobilio indispensabile per mangiare e dormire. L’esterno, dove si trova un cortile con animali, principalmente galline, maiali, e pecore, è lo “spazio” della donna a cui, insieme alla casa e i figli, si deve tradizionalmente dedicare. La violenza e la discriminazione nella vita famigliare, comunitaria e istituzionale, sono principi fondamentali per capire un sistema sessista, autoritario e antidemocratico, che prende la grande maggioranza della società del Chiapas e tutto il paese. Le donne indigene che girano a piedi nudi per San Cristobal vendono i loro prodotti colorati, sono silenziose, reticenti. Queste donne che incontravo per la città scendono dalle montagne la mattina alle quattro, e prima di andare a lavorare si dedicano principalmente alla casa, preparano da mangiare, svegliano gli uomini, preparano i bambini per la scuola, lavano puliscono, controllano gli animali, tessono, vanno a prendere l’acqua, legna e durante la semina lavorano nel campo. Ma altre donne, rivoluzionano da un momento all’altro il ruolo di figlie, donne e madri sottomesse. Questo grazie alla legge sulle donne che uscì nel 1993.
Una rivoluzione per i diritti delle donne
La legge rivoluzionaria delle donne in Chiapas fu emanata nel dicembre 1993. Il primo bollettino pubblico fu forse il più emblematico nella lotta per i diritti delle donne dei popoli indigeni in Messico. La legge è stata un detonatore e precursore del processo sovversivo contro la loro oppressione e discriminazione che ha prevalso per più di cinquecento anni in Chiapas. Il documento stipula: “le donne, senza che abbiano importanza la razza, credo, colore o affiliazione politica, hanno il diritto di partecipare alla lotta rivoluzionaria nel luogo e grado che la volontà e capacità determinano. In secondo luogo, hanno il diritto di lavorare e ricevere un salario equo. Hanno il diritto di decidere il numero di figli da avere e di cui prendersi cura, hanno il diritto di partecipare agli affari della comunità e avere incarichi se sono elette in modo libero e democratico. Hanno il diritto all’istruzione e alle cure primarie della propria salute e alimentazione. Hanno il diritto di scegliere il proprio partner e di non essere costrette a sposarsi. Nessuna donna può essere picchiata o maltrattata fisicamente, né da parenti né da estranei, reati di tentato stupro saranno severamente puniti; le donne le donne potranno occupare cariche di direzione nell’organizzazione e avere gradi militari nelle forze armate rivoluzionarie. E per ultimo, le donne avranno tutte diritti e doveri indicati dalla legge e dai regolamenti rivoluzionari.” (Donne per l’autodeterminazione, 1996) Questo è il risultato delle esigenze delle donne di varie comunità, raccolte e riformulate e, infine, imposte a tutti, dalle donne zapatiste insorgenti. Questa legge garantisce l’uguaglianza che molte donne vorrebbero oggi in Chiapas.
La lotta delle donne e le loro conquiste
Per le donne zapatiste l’esercito può comportare una forte realizzazione personale, una realizzazione in quanto soggetto per lo più negata nelle famiglie e comunità di origine. Alcune donne della comunità mi raccontano che non ci sono alternative alla lotta armata, parlano dei problemi di salute, alimentazione, terra, lavoro, educazione, ecc. Affermano con forza il diritto alla vita, una vita “digna,” come dicono loro. Dalle montagne del Chiapas le donne indigene lottano contro patriarcato e colonialismo. La vita di queste donne, prima delle leggi – è stata intessuta di violenza fisica e psicologica: c’è stata una forte carenza di nei confronti della salute riproduttiva, la spoliazione delle terre, delle risorse naturali che appartengono ai loro territori, come l’elettricità, l’acqua, i boschi e il petrolio. Da diversi decenni alcune delle donne indigene hanno dato vita a una lotta contro la subordinazione di genere perché subiscono molteplici oppressioni: per essere povere, donne e indigene.
La lotta delle donne va inserita all’interno di quella dell’EZLN (Ejercito Zapatista de Liberaciòn Nacional), ovvero un percorso circoscritto norme contro ogni discriminazione sessista, per l’autonomia personale, per l’emancipazione e la dignità. L’EZLN si è fatto conoscere in tutto il mondo a partire dal ’94, ove la popolazione indigena ha deciso di vivere secondo le proprie regole di democrazia diretta, si è avuta la rivoluzione delle donne, che è allo stesso tempo parte e inizio della rivoluzione stessa. È un movimento clandestino anticapitalista e libertario legato al territorio del Chiapas, uno dei più poveri del Messico. Fino al 2014, il portavoce dell’EZLN è stato il sub-comandante Marcos. L’EZLN nasce da una piccola organizzazione politico-militare che sceglie come sua base la montagna, nella Selva Lacandora. La comunità zapatista è formata da indios discendenti dai maya si identifica con la lotta dei popoli indigeni contro i conquistadores europei. Una storia di popoli che sono stati conquistati con la violenza e che hanno resistito e che oggi, più di cinquecento anni dopo, continuano a resistere e sono riusciti a conservare molte delle loro tradizioni. In generale la resistenza, come azione sociale collettiva, è opposta da gruppi indigeni in reazione ai tentativi d’invasione del territorio che abitano, un atto di difesa territoriale e culturale da parte di gruppi indigeni contro un’offensiva di forze straniere. e da parte dello stato coloniale. Mentre nell’EZLN hanno trovato percorsi di emancipazione e di lotta. E ad oggi, l’importanza storica e politica dell’EZLN è nel riconoscere che l’emancipazione della donna è indispensabile ad una società libera e rivoluzionaria.
All’interno di questo movimento, dopo anni di lotta e resistenze, le donne zapatiste hanno compreso che la loro partecipazione all’interno della società è fondamentale per cambiare il sistema sessista messicano e aiutare attivamente le donne indigene della montagna, le quali sono soggette ad una doppia oppressione sia all’interno della comunità indigena, sia da parte dello stato coloniale. Al contrario, nell’EZLN hanno trovato percorsi di emancipazione e di lotta. Ad oggi, l’importanza storica e politica dell’EZLN sta nel riconoscere che l’emancipazione della donna è indispensabile per la costruzione di una società libera.
Floriana Dinoi (classe 1997) fotografa ed artista visuale le cui radici affondano nel sud Salento, a Manduria. Dopo gli studi in Didattica e comunicazione – presso l’Accademia delle Belle Arti di Bologna – ha usufruito di una borsa di studio presso la Biennale in Fotografia Contemporanea allo Spazio Labò. Ha pubblicato foto per il sito PhotoVogue e ha partecipato alla realizzazione di due mostre collettive con l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Nel 2021 ha intrapreso un lungo viaggio per Città del Messico, interessandosi a tematiche sociali e culturali. Successivamente, ha frequentato la Scuola Jack London dove ha perfezionato la tecnica del reportage, anche grazie al progetto Un passo dopo l’altro – Un viaggio a piedi lungo la via Emilia sostenuto dalla Fondazione Lavoroperlapersona.