#Webinar EllePì – Vivere per lavorare o lavorare per vivere? – 27 ottobre 2022 – ore 17:30
Vivere per lavorare o lavorare per vivere?
Quiet Quitting e Great Resignation: due facce di un disagio crescente
Webinar EllePì – giovedì 27 ottobre – ore 17:30
Il 2022 è stato caratterizzato da un dato inequivocabilmente significativo: in Italia le dimissioni sono cresciute di oltre un terzo rispetto al 2021, come riportato dall’Osservatorio sul precariato dell’Inps. Complice la pandemia, la Great Resignation è un fenomeno che si sta diffondendo sempre di più a livello mondiale e le cause sembrano essere le più disparate: dal burnout, alla ricerca di un lavoro che garantisca maggior benessere sino al work-life balance. Ciò che è chiaro (e non più ignorabile) è l’irrevocabile cambiamento di ciò che le persone si aspettano dal lavoro e una sempre più incalzante riconsiderazione delle priorità individuali.
Oggi, la Great Resignation sta acquisendo un nuovo volto: il Quiet Quitting (o coasting), “l’abbandono silenzioso” come dura opposizione alla “hustle culture”, la quale pone il lavoro a centro esclusivo della propria vita. Sempre più persone sembrano non essere disposte a svolgere straordinari, aderire a progetti extra e assumersi maggiori responsabilità alla luce del nuovo paradigma dominante: svolgere solo lo stretto indispensabile compatibilmente con le ore definite dal contratto. Inoltre, secondo il report “State of the global workplace 2022” di Gallup, in Europa solo il 14% dei dipendenti si sente davvero coinvolto nella propria attività lavorativa. Un dato importante, espressione di quanto spesso manchi un punto di incontro tra progetti di vita o aspirazioni delle persone e un percorso di carriera definito. In tutto questo, i manager sembrano giocare un ruolo fondamentale: secondo un’indagine della Harvard Business Review, il Quiet Quitting sarebbe profondamento legato dalla capacità che i manager hanno di costruire relazioni e rapporti stimolanti ed appaganti con gli impiegati, che non li porti a contare i minuti che li separano dall’uscita dall’ufficio.
Ad aprire le fila di questo fenomeno sono gli Zoomers, giovani che stanno ponendo in evidenza l’insostenibilità di un sistema che anziché porre al centro la vita e la persona alimenta una cultura basata sulla logica del profitto che scambia tempo per denaro – troppo spesso – in maniera diseguale. Sono loro che, più di altri, rifiutano di lavorare anche il weekend, di fare straordinari (anche se retribuiti) e farsi carico di attività che vadano oltre la propria competenza.
Come arginare il fenomeno? In che modo ridisegnare la purpose aziendale per incontrare i bisogni e le necessità delle nuove generazioni? Come fornire ai manager una formazione adeguata a sostenere ed affrontare questo cambiamento culturale? Di fronte ad una scala delle priorità oramai cambiata, è necessario ripensare il lavoro e l’economia ponendo al centro la persona. Ciò significa alimentare una cultura del senso del lavoro che ne ridisegni il volto e gli obiettivi, promuovendo policy aziendali che favoriscano il benessere organizzativo e garantiscano un equo rapporto tra mansione svolta e salario percepito.
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