La tre giorni EllePì dedicata alla dignità del lavoro: l’VIII Seminario della Fondazione!

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Si è conclusa l’ottava edizione del Seminario Interdisciplinare sull’Accoglienza della Fondazione Lavoroperlapersona, tenutasi a Offida (AP) dal 16 al 18 settembre 2022. Al centro, quest’anno, la dignità del lavoro: quella di chi per dignità lo lascia perché insoddisfatto e quella di chi vorrebbe averne uno ma viene tenuto fuori perché diverso. In tre giorni, docenti delle Università di Padova, Bologna, Roma La Sapienza, John Cabot e Luiss Guido Carli hanno dialogato con imprenditori e rappresentanti del grande credito internazionale come Federica Saliola del World Bank Group. L’evento è stato condotto e guidato dalla giornalista socio-economica Maria Cristina Origlia. 
Inclusione delle persone con disabilità, come nel caso dell’Albergo Etico a Roma, comprendere le motivazioni che spingono le persone a essere soddisfatte sul lavoro per evitare la Great Resignation e una maggiore sensibilità verso la dignità del lavoro e del lavoratore sono le direttive che gli imprenditori si sono dati per gli anni a venire.
A conclusione del seminario, il presidente della Fondazione, Gabriele Gabrielli, ha tirato le somme. “Ci siamo chiesti che ruolo hanno le imprese nel sociale? Che possono fare? Le imprese possono e devono generare, coltivare e sviluppare “good job”, che non vuol dire solo lavoro pagato bene ma riuscire col lavoro ad accrescere il capitale motivazionale della persona. Le imprese possono e devono dare retribuzione giuste, investire nello sviluppo professionale che rispecchi le vocazioni di ciascuno, e va detto che le imprese che pensano solo agli azionisti non producono buon lavoro!”.


Apre il film “Io cambio”: tre storie di svolte radicali per uscire dall’insoddisfazione e dal precariato
Cristiana è una assistente sociale che sbarca il lunario con lavoretti, Giovanni è manager in una grande azienda e guadagna bene. Entrambi sono insoddisfatti della vita che conducono, e vanno incontro a una scelta radicale: lasciare il lavoro e seguire la passione. Queste sono due delle tre storie (vere) e questo è il tema del docu-film “Io cambio” di Giovanni Panozzo, che ha aperto la tre giorni.
Scegliere di uscire dal precariato e slegarsi dal vincolo di un lavoro sicuro sono opzioni radicali che tra i giovani trovano sempre più spazio. È la Great Resignation (la Grande dimissione, dopo la Grande depressione del 1929) che dagli U.S.A. si sta espandendo tra i giovani (e non solo) di tutto l’Occidente. “Con il lavoro al centro della vita, una vita di consumo – dice il regista e musicista Panozzo – è spesso il lavoro stesso a poter determinare un cambio. Molte vite sono segnate oggi da un’insoddisfazione personale sul luogo di lavoro che si traduce in insoddisfazione per la vita. Allora nasce l’idea di cambiare tutto, di dire: ‘Io cambio’”.
Così, Cristiana si iscrive a un progetto di volontariato e viene mandata in una missione a Quito, la capitale dell’Ecuador. Si avvicina al progetto “Su cambio por el cambio”, che gioca sul doppio senso di cambio (resto del pagamento e cambiamento) e si occupa di adolescenti poveri dal 1990. Apre una cucina italiana in cui lavorano anche i ragazzi della fondazione e quando li vedono i clienti le dicono: “Si mangia bene qui, ma sapendo la storia si mangia anche meglio”. (https://porelcambio.org/proyectos/proyecto-social-su-cambio-por-el-cambio-sur-de-quito/)
Giovanni, invece, lascia il lavoro dopo essere stato in coma per 21 giorni: è quello il segnale che gli dice di ascoltare la voce interiore che vuole cambiare vita. Lasciare un ambiente di lavoro malsano per abbracciare la serenità a bordo della sua barca, a Santa Maria di Leuca, e portare in giro i turisti. È la storia dello stesso regista, che insegnava part-time musica nelle scuole e poi ha deciso di dedicarsi alla musica per colonne sonore fino a capire che la musica senza immagine non è completa. Adesso lavora su entrambe e, dice: “Mi è servito tutto il periodo del precariato, non rimpiango nulla, vivo il mondo del lavoro con libertà e vorrei ispirare anche gli altri raccontando vere storie di veri cambiamenti radicali”.


Giovani e Futuro
Disengagement, assenza di motivazione, Quiet quitting e Great Resignation? “Fenomeni che nascono da un mondo di super-lavoro”, dicono Valeria Friso dell’Università di Bologna e Silvia dello Russo, docente alla Luiss. “Dai dati raccolti vediamo che non è la Grande dimissione, però, è la grande riconsiderazione! È un cambio dei propri valori di carriera, non la voglia di non lavorare più. Si pensi che al mondo ci sono 250 milioni di giovani che sono fuori dal mondo del lavoro perché non trovano niente che li soddisfi”.
A fronte di una disoccupazione giovanile del 30%, le aziende non riescono a trovare le competenze di cui necessitano in Italia”, dice il professore della Sapienza Maurizio Franzini. La parola chiave deve essere eterogeneità. I redditi alti sono cresciuti dopo la pandemia e quelli bassi sono calati. E peggio va per i laureati. Il 40% dei laureati guadagna meno di un diplomato e il 30% meno anche di uno che ha la scuola dell’obbligo. Il problema non è creare le competenze, ma capire perché non vengono usate“. Per Franzini “il lavoro non è un mezzo ma un fine in sé. Le prestazioni si abbassano quando al lavoratore si dice cosa deve fare, quando c’è nepotismo in ufficio. Bisogna cambiare, ma manca la cultura imprenditoriale. Henry Ford, che fece la sua fortuna aumentando i salari ai suoi lavoratori, purtroppo non ha fatto scuola.


Lavorare per vivere o vivere per lavorare
Su iniziativa del sindaco di Offida Luigi Massa, la tre giorni inizia con un minuto di silenzio per le vittime del nubifragio che ha colpito le Marche il 15 settembre, in cui sono morte almeno dieci persone.  Il primo cittadino ricorda che questa è la prima edizione in presenza dopo l’emergenza da Covid 19, un evento che ridefinisce il lavoro come binomio “uomo/ufficio”, aprendo a nuove esperienze come il lavoro discontinuo, ma anche ad una crisi che di fatto riduce ancora nei giovani la speranza di un lavoro dignitoso.
Aumentano le diseguaglianze, cresce l’allarme demografico. “A  pagare questi costi saranno i giovani, le nuove generazioni” afferma il sindaco Massa. E proprio da qui riparte il sociologo e professore dell’Università di Padova Stefano Allievi,  primo dei relatori del seminario: “I momenti di crisi sono anche quelli della rinascita. Il lavoro salariato non esiste più, e bisogna chiedersi se vogliamo lavorare per vivere o vivere per lavorare“.


Le tre G della disuguaglianza: Garantiti, Giovani, Genere
Un lavoro migliore non vuol dire per forza meglio pagato – continua Allievi – si può scegliere la felicità“. “In questi due anni sono aumentate le tre G delle diseguaglianze. La prima G è quella di Garantiti e non garantiti: di fatto quasi metà del paese non è più garantito. Poi la frattura tra Generazioni: per i giovani la pandemia ha chiuso le porte del futuro. Infine la questione di Genere: la maggior parte dei posti di lavoro persi in pandemia sono donne, un balzo indietro di venti anni. Chi ha preso le scelte che hanno portato a questo? Garantiti maschi adulti!“.
Come ha proseguito il presidente della Fondazione Gabriele Gabrielli. “Dobbiamo riprendere in mano la vita, vogliamo rinnovarla su nuove basi, perché la responsabilità di questa rigenerazione è nostra”. Ecco perché il tema di quest’anno è “Rigenerare la dignità del lavoro“. E c’è un filo che lega il discorso del giuramento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di cui abbiamo riascoltato una parte, all’introduzione di Gabriele Gabrielli: la dignità. Come aveva detto Mattarella in Parlamento: “Dignità è opporsi al razzismo e all’antisemitismo, è diritto allo studio, lotta alle disuguaglianze, è contrastare la povertà che mortifica le speranze di tante persone. Dignità è non dover scegliere tra lavoro e maternità“.
E non è un caso se il fenomeno della Great Resignation (il Grande Licenziamento) sia tipico dell’Occidente post Covid, persone che si rendono conto di avere denaro, ma di condurre una vita insoddisfatta. Sono le storie al centro del nuovo film “Io cambio” del regista e compositore Giovanni Panozzo: il lavoro è autostima e un altro mondo è possibile.


Il Luogo e lo Spazio di lavoro
Riccardo Maiolini, dalla John Cabot University di Roma ha parlato della differenza tra luogo e spazio: “Uno spazio deve essere caratterizzato da valori che lo fanno diventare un luogo, cioè un posto socialmente vissuto, altrimenti è un contenitore di persone e di cose. La stessa differenza tra Urb e Civitas romane. La tecnologia modifica il significato di spazio, e anche in azienda bisogna creare valore attraverso le relazioni sociali, mettendo insieme economia e territorio. Harvard, Stanford, la Sylicon Valley: non sono in centro, ma in periferia. Bisogna ripensare l’equivalenza “grande città = business center” e investire in infrastrutture sostenibili fuori dai centri urbani”.
“A Roma un esempio è il polo di Tor Vergata, al top per ricerca ma impossibile da raggiungere coi mezzi. E infatti a Roma si dice ‘Arrivace però a Tor Vergata!’
“. “La globalizzazione – continua Maiolini –  ha cambiato la prospettiva: centro e periferia sono da calcolare sulla base del mondo, non della città. Col digitale possiamo costruire nuovi centri e lavorare per includere le vecchie periferie in un mondo iperconnesso e generare nuovo capitale sociale ed economico, è quello che stiamo facendo usando il Metaverso. Per risparmiare tempo e denaro, i progetti per gli investitori verranno presentati agli studenti della John Cabot attraverso un portale virtuale, uno spazio connettore. Ci stiamo lavorando e sarà pronto a breve”.


Gruppi di lavoro e Questione di Genere
Una gradita novità introdotta in questa edizione è la realizzazione di 3 gruppi di lavoro – focalizzati su “Lavoro e policy“, “Persona ed educazione” ed “Economia e sostenibilità” – sotto la guida e la facilitazione di Ornella Chinotti, Gaia Corazza e Barbara Parmeggiani. I partecipanti al Seminario hanno potuto così ragionare insieme sui temi e le questioni sollevate all’interno delle Sessioni, avendo poi la possibilità di discuterne con i relatori nella fase di restituzione plenaria. 
Una sezione tutta al femminile, dunque, come è stato l’intervento di Giuditta Alessandrini, professoressa di Pedagogia Sociale e del Lavoro all’Università di Roma Tre. “Siamo indietro di venti anni con la questione di genere – esordisce la professoressa – e quei passi avanti potrebbero andare persi con la crisi“. Secondo Alessandrini, per salvaguardare la dignità di ogni essere umano e soprattutto degli ultimi, “bisogna garantire le condizioni di libertà e di azione” e invita a guardare oltre alle statistiche e ai numeri, a quelle “dimensioni valoriali fondamentali” che tessono la società.


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Un passo dopo l’altro: viaggio a piedi lungo la via Emilia – 3a tappa: Castelfranco Emilia - Modena
#Webinar EllePì - Vivere per lavorare o lavorare per vivere? - 27 ottobre 2022 - ore 17:30