#Blog EllePì – Beni relazionali e cambiamento climatico: i cacciatori di nebbia di Peña Blanca

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Fig. 1. Panoramica del terreno della comunità agricola di Peña Blanca completamente arido

Il lavoro vincitore della VI Edizione del Premio di Laurea “Valeria Solesin” per Tesi di Laurea Magistrale dedicate al tema dei Beni relazionali mette in relazione questi ultimi con il tema della crisi climatica. In questo contesto, i beni relazionali si configurano come beni immateriali, estremamente preziosi a livello locale per poter superare quei molteplici vuoti di relazione (politica, economica, sociale, identitaria, personale) lasciati dalla crisi. Il lavoro, infatti, parte da una ricerca di campo sui cacciatori di nebbia di Peña Blanca (una comunità agricola del Cile Settentrionale), seguendo gli sviluppi e le strategie nate dal basso, usate per affrontare il cambiamento climatico.

Lo statuto di “comunità agricola”, in Cile, permette la proprietà collettiva del terreno in cui il gruppo sociale vive, fondandosi su pratiche vernacolari e su tradizioni di lunga data. Pratiche come la coltivazione del grano e la transumanza hanno stimolato anche forme sociali di solidarietà, mutuo aiuto, amicizia e scambio, creando un terreno fertile per la creazione di tradizioni e significati condivisi. La crisi ambientale, dovuta alla diminuzione delle piogge e alle politiche di privatizzazione idrica istituite in Cile negli anni ’80, ha portato alla degradazione del suolo, alla diminuzione drastica dei capi di bestiame, alla fine della coltivazione di grano, e ha spinto i giovani a migrare nei centri urbani. La siccità, dunque, ha aperto una crepa tra queste dimensioni portando alla luce una forte crisi sociale ma soprattutto identitaria, collettiva e individuale. Le molteplici crisi che si sono sviluppate hanno comportato una più ampia crisi relazionale, con le famiglie, con la comunità ma anche con l’ambiente, gli animali e gli elementi atmosferici.

Fig. 2. Si tratta di Dani O. uno degli abitanti di Peña Blanca occupato nella cura quotidiana delle capre possedute dalla sua famiglia

La ricerca ha indagato dall’interno un’economia delle relazioni che fa emergere queste ultime come beni immateriali ma socialmente preziosi. Per far fronte al senso di incertezza e di preoccupazione quotidiani portati dalla siccità, la comunità ha dovuto configurare nuovi modelli socioculturali basati su valori e significati tradizionali condivisi, mantenendo un modello economico e politico informale basato sulla democrazia partecipata e sull’etica della cura reciproca. In particolare, la popolazione si è attivata per resistere alla sfida socio-ambientale “glocale” (Beck 2018) – cioè locale e globale contemporaneamente -, nonostante l’indifferenza statale, rinegoziando i termini di una nuova cultura dell’acqua. Ciò è stato possibile anche grazie alla costruzione degli atrapanieblas, strutture utilizzate per “intrappolare” la nebbia e trasformarla in acqua, che viene poi utilizzata per abbeverare gli animali e per innaffiare le piante endemiche, nel tentativo di contrastare la degradazione del suolo.

Fig. 3. Foto degli atrapanieblas di Peña Blanca, nelle ore pomeridiane la collina viene coperta dalla nebbia. Grazie alle raffiche di vento questa passa attraverso le reti, si condensa e viene raccolta sotto forma di acqua, usata per irrigare e per abbeverare il bestiame

Attraverso la rinegoziazione dei termini di relazione con l’ambiente, e un’etica della cura rivolta alle entità non umane, si è sviluppata l’idea degli atrapanieblas, che ha fatto fronte, soprattutto, alla diffusione di stress, preoccupazione e ansia degli attori locali. Ma cosa significa rinegoziare i termini della relazione con l’ambiente? In questo caso, ha significato intendere la nebbia come possibilità di una nuova relazione generatrice, come fonte alternativa di acqua, come occasione di promuovere un’etica della cura nei confronti dei propri animali e delle piante locali e, infine, come immersione in un mercato non più locale, ma nazionale e globale (con il coinvolgimento di attori nazionali, ONG, commerci internazionali e copertura mediatica). Gli atrapanieblas si sono sviluppati in un terreno in crisi ma fertile, appoggiandosi su valori e significati condivisi, tradizionali ma, allo stesso tempo, aperti a nuove prospettive. In questo senso, per la comunità, gli atrapanieblas hanno rivestito due ruoli principali: quello di attivatori di agency (quindi di nuove relazioni) e quello di generatori di speranza di fronte all’incombere della crisi del presente e del futuro. Tessere nuove relazioni generatrici, dunque, emerge come tema fondamentale nel voler affrontare sfide sempre più complesse rispetto ai disastri ambientali e alle crisi di identità contemporanee.


Viola Di Tullio
Antropologa sociale che si occupa di cambiamento climatico, sostenibilità e disastri ambientali. Studentessa di dottorato in Sustainable Development and Climate Change, un dottorato congiunto tra la IUSS di Pavia e l’Università LUISS Guido Carli, si occupa di un progetto sulla ridefinizione di sostenibilità, etica e politica delle piante e dei processi di riforestazione, intesi come soggetti cruciali nell’affrontare il cambiamento climatico. Ha vinto nel 2022 la VI Edizione del Premio di Laurea “Valeria Solesin” promosso dalla Fondazione Lavoroperlapersona.

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