#Webinar EllePì – L’insostenibile leggerezza della precarietà: lavoro, futuro e benessere

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Il precariato: un’eccezione nata negli anni novanta e che, oramai, si è fatta norma; a dircelo, sono i dati Istat che testimoniano, soprattutto negli ultimi anni, una disoccupazione crescente e una instabilità lavorativa dilagante che colpisce, più di tutti, giovani e donne. Se il lavoro non c’è, sembra sia accettabile ripetersi il mantra “basta che si lavori” ma, così facendo, si alimenta una cultura del lavoro che lo vive come mero strumento di sopravvivenza. Una cultura che si scontra pesantemente con le esigenze delle nuove generazioni, alla ricerca di speranza per il futuro e di un lavoro dignitoso, dotato di senso, che possa rendere felici se e gli altri; aspettative che, però, trovano come risposta la possibile reintroduzione di metodi retributivi come i voucher, privi di tutele ed emblema della precarizzazione.

La precarietà è diventata un tarlo talmente infestante e corrosivo da far male alla salute. Moltissimi, infatti, sono i sintomi psicofisici maturati proprio a causa della mancanza di certezze e della frustrazione che la condizione di precarietà porta con sé. “Una condizione di precariato lavorativo non rende instabile solo la situazione economica, ma mina anche lo stato psicologico delle persone. Perché non possono emanciparsi dalla famiglia di origine e costruire una propria realtà, ma si ritrovano a vivere forzatamente in una sorta di ‘adolescenza sospesa’. I giovani si trovano a volte in condizioni comparabili all’indigenza, con conseguente frustrazione e perdita dell’identità sociale; quasi sempre, quando hanno un lavoro, sono comunque sottopagati”. Le parole di Anna Ancona, Presidente dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna, che denuncia come l’ansia per il futuro causata dalla situazione lavorativa vigente possa facilmente tradursi in “inadeguatezza, depressione, stati d’ansia o panico accompagnati da una sintomatologia psicosomatica”. Ad essere coinvolti nei drammatici effetti psicosomatici causati dalla precarizzazione, però, non sono solo i giovani, ma anche una quota non trascurabile di lavoratori anziani, preoccupati dalle prospettive di sopravvivenza dopo il pensionamento. Per una quota crescente di lavoratori in età matura, infatti, gli anni che precedono il raggiungimento dei requisiti per l’accesso alla pensione possono essere segnati da notevoli discontinuità, tra periodi di disoccupazione, ricerca di lavoro e re-impiego a condizioni occupazionali peggiori.

Cosa fare, dunque, per arginare questo fenomeno? In che modo le istituzioni possono supportare lavoratori e imprese per garantire dei contratti di lavoro stabili? Come adeguare, altrimenti, i costi e le condizioni di vita ad un mondo del lavoro ormai mutato? Come affrontare la questione delle pensioni rendendole sostenibili per le generazioni attuali e per quelle che verranno?



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