Preoccupiamoci di fare bene il nostro lavoro. La pedagogia Jannik Sinner

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Il comportamento di Jannik Sinner sui campi della semifinale di tennis a Montecarlo cosa ci dice? Non si è parlato d’altro i giorni scorsi e, come c’era da immaginarsi, le posizioni si sono divise tra quanti ritengono che il campione abbia sbagliato a non chiedere subito al giudice di verificare se avesse fatto o meno un errore di valutazione giudicando la palla dell’avversario non fuori campo e quanti invece hanno pensano che è qui che si vede il vero, l’autentico Sinner. Sono stati usati molti aggettivi per qualificare il protagonista di questo comportamento, “Sinner è un vero signore”, è una “persona gentile e garbata”, un “bravo ragazzo” ma anche un “debole”, che “ha sbagliato”, “non doveva farlo”. Massimo Gramellini vuole leggere nel comportamento di Sinner un cambio positivo di mentalità: «Ci hanno educato a credere che la vera dimostrazione di carattere consista nel liberare i peggiori impulsi. Invece, diceva Socrate, consiste nel riuscire a controllarli. Per fortuna le cose stanno un po’ cambiando…».

Ma cosa ha fatto davvero Sinner? Ha semplicemente continuato a giocare non ritenendo di fermare la partita anche se aveva il diritto di farlo, poteva chiedere al giudice di scendere dalla sedia per andare a verificare quanto fosse stato enorme l’errore commesso. Insomma, Sinner non ha esercitato un suo diritto sacrificandolo alla partita e alla sua continuità. Perché? Com’è possibile mettere a rischio una vincita importante rinunciando alla possibilità di trionfare sul campo a causa di un errore arbitrale? A questa domanda Jannik Sinner ha risposto così: «Perché non mi sono fermato? Non è il mio lavoro. In un momento così, io penso a giocare».

Noi invece fermiamoci un attimo per riflettere su contenuti di questa risposta che a me pare profonda, anche se ritenuta inaccettabile se guardata con le lenti del calcolo strumentale. Non voglio dilungarmi poi a esaltare la natura cortese, elegante e gentile di un comportamento che ha celato in verità, qualcuno l’ha detto, una grande ira del campione. Sì, perché pare che mai come in questo caso Jannik si sia fortemente arrabbiato. Proviamo a indossare allora un altro paio di lenti per leggere il comportamento di Sinner da una diversa prospettiva. Possiamo identificarla come il segno di una concezione del lavoro che dice che ciascuno si deve preoccupare di fare bene il proprio lavoro – farlo “a regola d’arte” – senza lasciarsi distrarre da altro. Come a dire che il lavoro non deve essere deformato o viziato nella sua esecuzione da calcoli diversi, a costo di correre dei rischi, ossia che qualche volta le cose vadano diversamente da come avremmo voluto.

Quando si fa un lavoro dobbiamo concentrarci solo su quello, è questo che ci dice Sinner: «…io penso a giocare». Altri devono fare il loro lavoro e devono farlo bene. Può succedere però che si commettano errori. E anche questo ci sta, può accadere e che facciamo allora? Ci rendiamo furenti con chi l’ha commesso, puntiamo solo il dito rivolto ad accusare la debolezza dell’altro lamentando con stizza il torto subito chiedendo giustizia? Sinner sembra dirci che se ci comportassimo così in ogni partita, ossia quelle che giochiamo vivendo, queste non andrebbero mai avanti. Sarebbero inesistenti perché resterebbero ferme al palo. Il palo del rancore e della incapacità di comprendere che non possiamo controllare ogni cosa ma siamo liberi tuttavia di agire per il meglio.

Preoccupati di fare bene il tuo lavoro”, è questa la pedagogia di Sinner. Ma c’è dell’altro. É un invito anche a tollerare gli errori altrui che se non accettati fermerebbero sempre le partite che giochiamo. Un monito anche per le imprese e per chi le guida. Nei luoghi di lavoro, infatti, le persone soffrono molto quando gli errori non vengono perdonati. Si fermano come le partite. Così, anche le nostre esperienze saranno mutilate, incomplete e irreali. 


Gabriele Gabrielli, ideatore e presidente della Fondazione Lavoroperlapersona ETS, è imprenditore, executive coach e consulente. Ha maturato un’esperienza manageriale di oltre venticinque anni in grandi imprese e gruppi privati e pubblici di differenti settori ricoprendo il ruolo di Direttore risorse umane e organizzazione. Professore a contratto di Organizzazione e gestione delle risorse umane alla Luiss Guido Carli e co-direttore del Master di primo livello Sustainable HRM all’Universita Europea di Roma, è autore di numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative. Recentemente ha curato il volume Rigenerare la dignità del lavoro. Contro le disuguaglianze per coltivare futuro (2023) per l’editore Franco Angeli disponibile in formato Open Access all’indirizzo https://series.francoangeli.it/index.php/oa/catalog/view/1021/882/5686

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