Per festeggiare il lavoro: a Rosora in onore del Primo Maggio

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Sabato 4 maggio alle ore 18.00 nella sede di Rosora presso lo storico Palazzo Luminari si è tenuto un appuntamento speciale, sia per celebrare insieme ciò che costituisce il fondamento della nostra Repubblica democratica, sia per riflettere sullo scenario contemporaneo che caratterizza il territorio della Vallesina e i significati che animano la parola lavoro.

Il lavoro, infatti, non è soltanto una questione individuale, ma anche collettiva in cui il territorio riveste un ruolo chiave: se da un lato ogni lavoro si inserisce nella trama del territorio o di un certo contesto, nutrendolo con i propri sforzi, dall’altra cerca di trarre linfa da questo, ricavarne una dimensione di condivisione e sostentamento, i cui frutti talvolta eccedono i soli prodotti realizzati dalla manodopera. Così il lavoro interpella la comunità, i modi in cui questa esiste o può alimentarsi grazie al lavoro; oppure sollecita a chiedersi quali strategie siano da attuare per migliorare o valorizzare tale rapporto. Per questi motivi, si è sentita la necessità non solo di festeggiare il lavoro, che rappresenta una dimensione propriamente umana, ma anche di capire quali intrecci esistano con il territorio al quale la sede di Rosora ha sempre dedicato uno sguardo attento.

L’incontro si apre sulle note di P.I. Tchaikovsky suonate da Giorgia Gabrielli e Massimo Fianchini per poi lasciare spazio a Gabriele Gabrielli, Presidente della Fondazione, che espone una riflessione dal titolo “Il bene lavoro”. – Come festeggiare il lavoro? – chiede il presidente – Ci sono modalità più efficaci di altre? Non lo so, credo però che il modo migliore sia testimoniarne il suo valore. Come? Per esempio non stancandoci mai di ripetere che è un “bene”. – Il lavoro racconta di che pasta è fatto l’uomo, è in grado di generare relazioni, è uno dei bisogni insopprimibili dell’essere umano e può essere fonte di felicità ed autorealizzazione in quanto espressione della persona. Il lavoro, per questo, va tutelato e l’importanza generativa del suo valore tramandata come testimonianza di generazione in generazione. Il lavoro, è un bene di cui dobbiamo imparare a prenderci cura soprattutto per i rapporti di interdipendenza che esso mostra e costantemente ricrea.

L’incontro prosegue poi con la proiezione di un cortometraggio prodotto dalla Fondazione per la regia di Giovanni Panozzo dal titolo Disuguaglianze insostenibili, commentato da Michele Cardinali che evidenzia come celebrare il lavoro significhi anche porre lo sguardo dove le cose non funzionano.  Uno stimolo per riflettere se si possa parlare del lavoro come qualcosa che prescinde dalla comunità e, nel caso, a che prezzo? Quando comunità e lavoro restano distanti si crea un fossato in cui prolificano mancanza di riconoscimento e creazione di disuguaglianze. Il lavoro rischia così di perdere un’importante occasione di cura che si alimenta solo grazie alla comunità e in questa la rilancia. Il lavoro, pertanto, oltre ad essere una questione antropologica, è anche sociale e politica perché richiede la formazione di una certa cultura del lavoro che sappia tenere stretto il legame tra persona-lavoro-comunità.

È sulle note di Mozart, e grazie alla moderazione di Pino Nardella, direttore di Jesi e la sua Valle, che si apre la seconda parte dell’incontro a tema “Territorio e comunità: idee per il lavoro. Diverse le figure istituzionali: Fabio Badiali (sindaco di Castelplanio), Giuseppina Spugni (sindaco di Poggio San Marcello), Luca Possanzini (sindaco di Mergo), Tiziano Consoli (sindaco di Maiolati Spontini) e Fausto Sassi (sindaco di Rosora). Moltissime le riflessioni dei sindaci che manifestano la loro preoccupazione per lo spopolamento che sta investendo i territori della Vallesina e per i tanti cittadini alla ricerca di opportunità occupazionali spesso assenti a causa delle chiusure aziendali. Si riflette sulle criticità territoriali che sembrano tutte perlopiù inscritte sotto il segno di una perdita: il valore del lavoro come impegno costruttivo, il senso di comunità, la speranza per il futuro che attende le nuove generazioni, l’impronta che di noi stessi lasciamo nel mondo. Sembra mancare una politica lungimirante che si chieda come sviluppare il lavoro nel terzo millennio. Il futuro appartiene ai giovani ed è impellente la necessità di prepararli ad essere intraprendenti, ad uscire da una cultura dell’adattamento per recuperare dignità. Viene sottolineata l’urgenza di creare una vera rete tra scuole-università, amministrazioni e imprese, organizzare dei piani occupazionali, far fruttare le strutture inabitate ed inutilizzate, organizzare corsi di formazione specializzati e rendere agevoli viabilità e trasporti.

La serata disegna così la chiusura del cerchio, perché l’interdipendenza, a cui aveva fatto cenno Gabriele Gabrielli, e che la pandemia ci ha costretto a leggere secondo un’accezione negativa, può diventare invece anche un farmaco benefico per “fare rete” e cucire legami dove c’è divisione. Il territorio fonda la sua ricchezza sul valore delle persone ed il lavoro è quel tramite che unisce le due dimensioni, offre dignità alla persona e speranza per il futuro: per questo del lavoro occorre prendersi costantemente cura.


Chiara Pallotta è collaboratrice della Fondazione Lavoroperlapersona ETS per il supporto nella progettazione e realizzazione delle attività di promozione culturale. Lavora come Educatrice e Life & Teen Coach Umanista per aiutare a comprendere, orientare e gestire l’adolescenza come periodo dello sviluppo. Si è laureata in Filosofia ed Etica delle relazioni e in Filosofia e Scienze e Tecniche Psicologiche presso l’Università di Perugia

Michele Cardiali è Dottorando in Umanesimo e Tecnologie, cultore della materia delle cattedre di Filosofia Morale, Etica Fondamentale e Filosofia dell’abitare presso l’Università di Macerata.

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