#Blog EllePì – Contro la violenza economica. Lavoro, donne e autodeterminazione


“Non devi andare a lavorare. Ci penso io a mantenerti!”  Oppure “Lavorare? E alla casa chi ci pensa?”. Simona Lanzoni, economista e vicepresidente della Fondazione Pangea Onlus, in una intervista all’Ansa spiega che queste frasi, per quanto possano sembrare innocue, in un contesto di violenza domestica “sono prime forme di controllo di una forma di violenza subdola e trasversale che finisce per colpire donne di ogni età e ceto perché è sottovalutata”. È la violenza economica: ogni atto che estromette la donna dalla possibilità di controllare e gestire le entrate familiari, che crea dipendenza economica, che ostacola la donna nel possedere denaro proprio di cui predisporre autonomamente, che le impedisce di lavorare.


Così, il lavoro, da luogo di crescita personale e professionale, opportunità di autodeterminazione, fonte di indipendenza economica, diritto costituzionalmente riconosciuto, diventa uno strumento del maltrattante. Secondo il rapporto di ActionAid Una via d’uscita dalla violenza (studio sul profilo economico delle donne che si rivolgono ai Centri Antiviolenza) l’82,5% delle donne vittima di violenza ha un basso livello di indipendenza economica: del 40,9% di donne che lavorano, il 17,5% è indipendente mentre il 59,1% non ha lavoro. E a limitare la possibilità di uscire dalla violenza, c’è anche la difficoltà di trovare lavoro. Gli effetti delle crisi economiche colpiscono maggiormente le donne, e dai dati Istat rilevati negli scorsi anni, il numero degli occupati è diminuito di circa 800mila unità, di cui 500mila donne (tra aprile 2019 e aprile 2020); a febbraio 2021 si è registrato un tasso di disoccupazione femminile pari all’11,1%, contro quello di occupazione al 47,7%.

Notizie più confortanti nell’ultimo periodo nel quale si rileva un aumento dei punti percentuale dell’occupazione femminile: dopo due mesi di calo, a settembre 2022, l’occupazione femminile cresce di 0,1 punti percentuale fino a raggiungere un tasso di occupazione pari al 51% (la disoccupazione è al 9,3%, mentre l’inattività è del 43,7%); su base annuale la crescita è di 1 punto, accompagnata dal calo di 0,9 punti percentuale di disoccupazione e -0,5 punti di inattività.


In Italia è solo la metà della popolazione femminile tra i 15 e i 64 anni che ha un lavoro: spesso con contratti precari, part-time e in ambiti poco retribuiti. Un lavoro che non sempre risponde al bisogno di indipendenza, frustrando la dignità della persona. Un problema che coinvolge tutti e con maggiori conseguenze le donne vittime di violenza. La dipendenza economica è un ulteriore elemento che rallenta l’uscita dalla violenza: molte donne restano vittime più a lungo perché non nelle condizioni di autosostentarsi. Sono molte le strategie introdotte a livello internazionale nella lotta contro la violenza sulle donne: una azione in rete di prevenzione, accoglienza, sostegno che contemplano anche l’empowerment economico delle donne. Un lavoro congiunto che richiede una rivoluzione in termini di gender gap.


Sonia Palermo è pedagogista e Educational Program Manager della Fondazione Lavoroperlapersona. Nel suo percorso professionale, diverse sono le partecipazioni con enti pubblici e privati nella progettazione e realizzazione di laboratori, eventi culturali e convegni legati ai temi del lavoro, del gioco e della giocoleria. Per alcuni anni ha collaborato con il quotidiano “Il messaggero” con articoli di cronaca, cultura e spettacolo. Il suo principale interesse è nella pedagogia del lavoro.

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