#Blog EllePì – Inclusione e lavoro: un traguardo ancora da raggiungere

La nostra è una Repubblica che si fonda sul lavoro, che assurge a dispositivo per la crescita della persona, per la fondazione di una società attiva e accogliente, per il progresso positivo verso la migliore sostenibilità possibile. Quel lavoro che trova motivo di essere nella persona e nel suo contesto. Senza discriminazione di alcun tipo “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. L’inclusione al lavoro resta un percorso irto di ostacoli, soprattutto per le persone con disabilità. Come spiega Giampiero Griffo, coordinatore del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, se integrarsi corrisponde ad adattarsi a regole prestabilite, “includere è godere di pari opportunità e dibattere, all’interno di una comunità, con lo stesso potere decisionale. La persona con disabilità è da considerarsi in grado di contribuire alle risoluzioni di problemi che non li discriminino, così da essere riconosciuti cittadini e lavoratori al pari di tutti”. 

Si conferma quanto la disabilità sia fonte di arricchimento, poiché le persone non mancano di abilità ma hanno modi diversi di esprimerle. Tale prospettiva richiama l’attenzione sull’opportunità di crescita nell’accogliere più talenti possibili. Ed è questa la direzione che si intraprende. È interessante rilevare quanto emerso dalle ricerche condotte da DBI (Diversity Brand Index) sulla crescita dei brand che hanno investito sulla Diversity and Inclusion: dal gennaio al dicembre del 2019, i brand percepiti come inclusivi sono stati premiati dal 63% delle scelte di acquisto ed hanno visto una crescita di ricavi di oltre il 20%. Dati che incoraggiano a adottare una politica aziendale di inclusione. Perché non tutti gli imprenditori scelgono di includere? Per i pregiudizi diffusi. Per la percezione che buona parte della società ha della disabilità, basata su distruttivi stereotipi.

È ricorrente lo stereotipo del disabile-bambino. Quasi come se la disabilità non permettesse alla persona di crescere, di raggiungere lo status di adulto, di autogestirsi, di conquistare l’indipendenza economica, di essere cittadino attivo e generativo. Si è convinti che solo alcuni luoghi, solo alcune attività, alcune relazioni possano essere adatte. Eppure, è il lavoro l’ambiente nel quale la personalità si esprime e matura. Si intessono relazioni, si scambiano conoscenze, si acquisiscono nuove abilità e si mettono a frutto quelle possedute. Una tale discriminazione può nascere dall’ignoranza, dal non-noto.

Diventa pregiudiziale anche la scarsa conoscenza sui costi per l’adeguamento all’agibilità nei luoghi di lavoro, o, ancora, l’idea che il rendimento produttivo sia inferiore rispetto alla media e che il disabile debba essere adeguatamente assistito ma tenuto lontano dagli altri lavoratori. Quali sono gli interventi necessari? Alcuni spunti sono offerti dalla legislazione in materia di lavoro. Ne è un esempio la legge n. 68 del 12 marzo 1999, arricchita dalle modifiche del decreto legislativo n. 151 del 14 settembre 2015, che attiene alle norme per il diritto al lavoro dei disabili. Sul piano politico, la volontà di incentivare tutti i comparti all’assunzione di persone con disabilità, diventa supporto per quelle realtà ancora restìe.

La ricerca è in continua evoluzione per migliorare le condizioni di lavoro di ognuno, ancor di più laddove insistono limiti all’espressione dell’umano. Sono necessarie azioni consapevoli e competenti affinché si incida sulla rappresentazione inesatta che buona parte della società ha della disabilità. La stessa formazione al lavoro è continuamente invitata a contemplare l’apertura a nuove logiche, nuove strutture mentali, a contribuire alla costruzione delle competenze attraverso percorsi innovativi e inclusivi e non mancano esempi di buone prassi. Le differenze possono arricchire laddove le somiglianze sono riconosciute.


Sonia Palermo è pedagogista e Educational Program Manager della Fondazione Lavoroperlapersona. Nel suo percorso professionale, diverse sono le partecipazioni con enti pubblici e privati nella progettazione e realizzazione di laboratori, eventi culturali e convegni legati ai temi del lavoro, del gioco e della giocoleria. Per alcuni anni ha collaborato con il quotidiano “Il messaggero” con articoli di cronaca, cultura e spettacolo. Il suo principale interesse è nella pedagogia del lavoro

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