#Blog EllePì – Il lavoro come via per la dignità

Tempo di lettura 4 minuti

Il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999. Sono numerose le iniziative di sensibilizzazione in Italia e in tutto il mondo per porre fine a questa piaga che l’Onu definisce “pandemia ombra”. Contro la violenza di genere è importante promuovere leggi che tutelino le vittime e condannino ogni forma di violenza, fisica e psicologica, ma prima ancora è fondamentale un lavoro di tipo culturale, che crei consapevolezza e prevenga atteggiamenti abusanti e minatori. Ancora oggi, purtroppo, sussistono invece forme di discriminazione contro le donne anche nelle realtà dove dovrebbero esistere maggiori tutele, come nei luoghi di studio e di lavoro.

L’obiettivo 5 dell’Agenda 2030 per la realizzazione dei Sustainable Development Goals (SDGs), adottata da tutti i membri delle Nazioni Unite, si focalizza proprio su questo  punto: “Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze” attraverso l’eliminazione di ogni forma di discriminazione, violenza e abuso e promuovendo iniziative e politiche volte a garantire, tra l’altro, una “piena ed effettiva partecipazione femminile e pari opportunità di leadership ad ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica”.

Secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro – Oil – le donne sono ancora lontane dal raggiungimento dell’uguaglianza di genere nel mondo del lavoro. Proprio la Oil ha promosso la Convenzione sull’uguaglianza di retribuzione e la Convenzione sulla discriminazione. Queste forme di disparità non riguardano solo i Paesi meno sviluppati sotto il profilo dei diritti umani, ma anche democrazie consolidate. Il problema riguarda anche l’Italia, nonostante la stessa Carta costituzionale, all’articolo 37, sancisca che “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.

L’Italia è ancora agli ultimi posti in Europa sul fronte del divario di genere in ambito lavorativo, il cosiddetto gender pay gap. Anche il dato relativo al gender gap index, che misura le differenze di genere in campo sanitario, lavorativo, della partecipazione politica e dell’istruzione è pari al 70,7%, dove 100% indica la parità raggiunta. Dati confermati anche dall’Unione Europea, dove il divario retributivo varia ampiamente e dove emerge che, ancora oggi, le donne svolgono più ore di lavoro non retribuito. Ancora oggi sulle donne gravano responsabilità spesso sottovalutate, come diceva Rita Levi Montalcini: “Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale delle società”.

Anche la pandemia da Covid-19, con l’introduzione massima dello smart working, ha influenzato negativamente la situazione dei lavoratori, ma soprattutto delle lavoratrici di ogni età. Secondo un recente rapporto di Save The Children in Italia ci sono un milione di ragazze senza studio, lavoro e percorsi formativi e proprio la pandemia avrebbe ulteriormente peggiorato questa situazione, accelerando le disuguaglianze di genere, che cominciano proprio dalla prima infanzia. Lo scorso giugno la Fondazione Lavoroperlapersona aveva dedicato proprio a questo tema il partecipato webinar “L’impatto del Coronavirus sul lavoro delle donne”, da cui erano emerse molte criticità e la necessità di un coinvolgimento maggiore delle donne anche nelle politiche decisionali, come chiedeva la campagna #datecivoce proprio perché non si può ripartire in modo sostenibile se ancora una volta le regole del gioco vengono scritte solo da una parte dei giocatori.

Perché è importante, dunque, raggiungere una parità a livello di opportunità di studio e di lavoro e una parità a livello retributivo? Le ragioni sono molte, a partire dalla tutela della dignità e dei diritti umani della persona, per arrivare alla prevenzione di forme di condizionamento, di ricatto, di mortificazione. Donne libere di scegliere, che hanno pari accesso rispetto agli uomini allo studio e al lavoro, che sono adeguatamente e giustamente compensate per ciò che fanno, che sono protagoniste nei momenti decisionali, sono donne più forti, più consapevoli, meno condizionabili. Una società più equilibrata, dove tutti, donne e uomini, abbiano realmente pari dignità, doveri e diritti, è una società più cosciente e consapevole, dove omertà, violenza e abusi non trovano terreno fertile. Sin da bambini bisogna essere educati all’uguaglianza dei diritti: solo così si potrà contrastare la piaga di un patriarcato ancora molto diffuso, che genera e giustifica sessismo e violenza. È un impegno che bisogna affrontare per le nuove generazioni, ma anche per rendere omaggio al coraggio, al sacrificio e alla dedizione di tutte quelle donne che hanno lottato per i propri diritti, scrivendo pagine importanti, che hanno cambiato il corso della storia.


Asmae Dachan è giornalista professionista e scrittrice italo-siriana, è esperta di Medio Oriente, Siria, Islam, dialogo interreligioso, immigrazione e terrorismo internazionale, iscritta all’Ordine dei Giornalisti delle Marche dal 2010 lavora come freelance per diverse testate nazionali e internazionali. Responsabile Ufficio Stampa Fondazione Lavoroperlapersona.. Attivista per la pace e la non violenza, è stata nominata nel 2013 Ambasciatrice di Pace a vita  dell’Università per la Pace della Svizzera. Il 2 giugno 2019 è stata insignita del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Download PDF
Cerimonia V Edizione Premio "Valeria Solesin" per Tesi Magistrale - Costruire i nuovi spazi dell’Università e della Ricerca
#Blog EllePì - Inclusione e lavoro: un traguardo ancora da raggiungere