
Reportage EllePì – Quel che resta del lavoro – capitolo 4 – “Il sistema Fincantieri”

Fabio fuma una sigaretta
Fabio è seduto alla solita scrivania stracolma di documenti. Apre il vecchio portatile che tiene appoggiato di sbieco su alcuni fascicoli e comincia a battere sui tasti. Dopo alcuni incontri qui al quinto piano del palazzone che ospita gli uffici di CISL e CGIL, comincio quasi a credere che il ghiaccio tra noi si sia rotto. Lo penso a volte quando ride della sua bella risata contagiosa, o quando, dopo le interviste, lo accompagno a fumare una sigaretta sul ballatoio delle scale antincendio dove divaghiamo parlando di altro e dall’alto guardiamo il traffico della tangenziale incanalarsi verso il centro di Mestre. In questo momento però mi sembra di disturbarlo perché è da qualche minuto che fissa corrucciato lo schermo e non mi rivolge la parola. In realtà, Fabio è alla ricerca dell’esposto che il sindacato ha consegnato alla Procura della Repubblica di Venezia nel 2018, l’atto da cui è partito il processo in corso di svolgimento a carico di dodici dirigenti Fincantieri e dei titolari di diverse aziende appaltatrici nel cantiere navale di Porto Marghera. I capi di accusa sono sfruttamento dei lavoratori, caporalato e corruzione.

Le gru a Porto Marghera
Fabio pinza i fogli del documento e ci spiega che il “sistema Fincantieri” non ha riscontri con quello di nessuno degli altri gruppi industriali che operano nel settore della cantieristica navale europea. È davvero una situazione anomala, come se da soggetto industriale Fincantieri si fosse trasformata in una società che commercializza prodotti realizzati da terzi, a cui è affidato oltre il 90% del valore della produzione e delle commesse. Il problema, continua Fabio allungandomi l’esposto sopra la scrivania, è che oggi rispetto al passato e con buona pace dell’accordo del 1999, il sistema degli appalti è diventato l’elemento centrale su cui Fincantieri basa la propria competitività nel mercato, perché ormai quasi tutta l’attività produttiva del cantiere navale a Porto Marghera è affidata a terzi, come gran parte della progettazione. Pochi anni fa è stata appaltata anche l’ultima attività produttiva gestita internamente: era il Nav, un reparto molto importante che produceva lamiere e profilati. Oggi i pezzi arrivano da San Giorgio di Nogaro, in provincia di Udine, o da Tulcea, in Romania, e al posto del Nav è stata costruita la grande gru a cavalletto con la scritta Fincantieri.
I vantaggi economici di questo modello aziendale sono enormi. Lo ha evidenziato bene uno studio del 2022 firmato dal ricercatore FIOM Veneto Matteo Gaddi, che ha rivelato innanzitutto le proporzioni tra dipendenti diretti e indiretti: nel quadrimestre aprile-luglio in cantiere a Porto Marghera era presente una media di 532 aziende e 4.397 lavoratori in appalto – un dato in cui oltretutto non è compreso il numero degli appalti “chiavi in mano”, cioè quelli che forniscono direttamente il prodotto finito all’azienda committente – a fronte dei 1.057 dipendenti Fincantieri. Un rapporto quindi di 4 a 1, sbilanciato anche per quanto riguarda le ore necessarie alla produzione di una nave, come dichiarato da Gaddi in una recente intervista: l’80% è coperto dalle ditte in appalto, mentre il restante 20% è in carico ai dipendenti Fincantieri, che peraltro si occupano prevalentemente della supervisione o del coordinamento dei lavori, come ci raccontava anche Fabio, e che dunque poco hanno a che fare con l’attività produttiva in senso stretto.

Vista su Fincantieri dalla sede della CGIL
Se si considera il costo del lavoro è facile capire il perché di questa grande massa di lavoratori in appalto. Infatti secondo lo studio di Gaddi il costo del lavoro pro-capite di operai e dipendenti – esclusi quindi quadri e dirigenti – Fincantieri si aggira tra i 55 e i 56.000 euro lordi l’anno (così i bilanci aziendali del 2021): mediamente 20.000 euro in più rispetto al costo del lavoro pro-capite delle imprese in appalto. Faccio rapidamente due conti: significa che se si moltiplica il risparmio per le centinaia di lavoratori in appalto si ottengono milioni di euro l’anno. A monte, in fase di progettazione, Fincantieri può calcolare a ribasso il budget di ore necessarie a ultimare le varie componenti della nave da affidare in appalto. Di conseguenza la compressione dei tempi di lavoro permette di abbassare i costi degli appalti, e abbassare i costi degli appalti significa che Fincantieri è nelle condizioni di presentare un’offerta molto più appetibile all’armatore. Tutto questo si scarica a valle sui salari e sulle condizioni di lavoro degli operai in appalto.
Fabio ci spiega il funzionamento del sistema Fincantieri. Con un linguaggio chiaro e diretto, ci guida attraverso i meccanismi che regolano il funzionamento dell’azienda: dalla struttura produttiva, basata su una rete articolata di appalti e subappalti, alla gestione dei lavoratori, spesso impiegati con contratti precari o condizioni che sollevano questioni di sicurezza e diritti.

Federico Rigamonti (1990) è assegnista presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Ca’ Foscari a Venezia. Dopo un dottorato di ricerca in letteratura comparata ha frequentato la scuola Jack London. Questo è il suo primo reportage.
Sofia Gastaldo (Padova, 2003) è una fotografa e filmmaker. Nel 2024 si diploma alla scuola di letteratura e fotografia Jack London e viene selezionata per lo Speciale Diciottoventicinque a Fotografia Europea con il progetto “Sibyllae”. Attualmente sta conseguendo la laurea triennale in Scienze Sociologiche presso l’università di Padova. E’ co-fondatrice del collettivo di artisti e curatori “Shapeless Gallery”.