#Blog EllePì – Il mestiere dell’attore: tra mancanza di tutele e difficoltà

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Alcuni lo considerano un hobby, altri un lavoro “bellissimo ma non lo farei”. Un po’ la Venezia dei mestieri, a tratti Las Vegas. Eppure, essere attori e attrici è un’occupazione come tutte le altre. Richiede impegno, studio, vocazione, dedizione. E così come per molte professioni c’è bisogno di fortuna, di più tutele e di più possibilità.

“La situazione attuale è un disastro”. Barbara Folchitto lo ripete più volte. Lei, attrice per scelta, inizia a recitare durante gli anni dell’università. Il debutto è a 19 anni, in un film con Vittorio Gassman e Giancarlo Giannini. Si tratta de “Lo zio indegno” di Franco Brusati. “Non avevo esperienza, mi sono fermata subito perché era un mondo complicato in cui bisognava essere preparati”, spiega. Così continua i suoi studi e si laurea in Psicologia del lavoro, a Roma, pur continuando a pensare a quell’ “assaggio” di cinema. È qualcosa che le piace, “per questo motivo decido di mettere i soldi da parte e di andare a studiare recitazione a Londra, alla Royal Academy”, continua. Oggi, quindi, si esibisce a teatro, al cinema e in tv – ha ricoperto recentemente ruoli in Skam 2 e in The good mothers – e insegna. Ai Nastri d’Argento 2008 è stata premiata come miglior attrice protagonista per il cortometraggio Marta con la A di Emiliano Corapi. Rispetto ai suoi inizi, però, “è cambiato tutto”.

Trenta o quarant’anni fa c’erano molti più provini. Anche se rimaneva un mestiere precario, era più semplice avere accesso alla professione, ai palchi o ai set cinematografici. “Non è un lavoro considerato tale, così come non lo è la cultura. Se ti manca il pane, vai a comprarlo al forno.  Per quanto riguarda lo spettacolo, tu non sai di averne bisogno – spiega Folchitto – Esiste da sempre, ma non è un prodotto che puoi trattare come i produttori di un certo bene. È una cosa effimera di cui l’essere umano però ha bisogno, senza saperlo”.

Un mestiere, quello dell’attore, che decine di anni fa aveva un altro tipo di riconoscimento. Eravamo considerati come i medici o gli insegnanti. Eduardo De Filippo veniva ascoltato da tutti a teatro”, sottolinea l’attrice. Il ruolo, poi, secondo lei sarebbe cambiato anche a causa della “commercializzazione” della professione. Al cinema, infatti, molto spesso arrivano interpreti poco preparati, diventati famosi grazie ai reality show o per il numero dei follower su Instagram. “È cambiato proprio il senso della nostra funzione sociale”, continua Folchitto.

I giovani attori freschi di accademie come la Silvio D’Amico o il Centro Sperimentale di Cinematografia sembrano avere anche più difficoltà rispetto alla generazione precedente. “I ragazzi che conosco per mantenersi fanno tutti un doppio lavoro o vivono a casa con i genitori. Chi ha la mia età, invece, insegna nelle scuole di teatro”, spiega l’attrice. A mancare, però, non è soltanto il riconoscimento sociale. Per gli artisti non ci sono abbastanza tutele. Quasi per nulla. Secondo Folchitto, gli attori esistono per lo Stato soltanto quando sono in tv o sul palcoscenico, mentre poi scomparirebbero. A non essere coperto, per esempio, è tutto il periodo di preparazione e di scrittura dell’opera. Nei periodi di apparente inattività gli artisti continuano, infatti, a lavorare.Noi chiediamo un’indennità di discontinuità e ci stiamo battendo anche per far avere il rinnovo della contrattazione collettiva per il settore dell’audiovisivo”.

A non essere pienamente riconosciuti sono anche i docenti di recitazione nelle scuole private. Folchitto racconta che non sono assunti, hanno la partita iva. “Non esiste una norma dello Stato che riconosca l’insegnante di formazione. Veniamo, quindi, contrattualizzati nel modo più fantasioso”. Eppure la cultura è qualcosa che rimane nel tempo, “l’unica” sottolinea l’attrice. Nonostante questo la professione dell’attore versa in una condizione “disastrosa”. Dai bassi guadagni a teatro – nonostante i sold out – alle poche decine di provini all’anno. Folchitto lo sottolinea, “L’Italia ha ferito a morte l’arte nonostante sia la spina dorsale del nostro Paese”.


Maria Elena Marsico è giornalista praticante. Ho una laurea triennale in Arti e Scienze dello Spettacolo e una magistrale in Editoria e Scrittura, entrambe conseguite presso l’Università Sapienza di Roma. Sono stata allieva dell’Istituto per la Formazione al Giornalismo di Urbino dal 2021 al 2023 e in questi anni ho scritto su Ansa, The Post Internazionale – Tpi, ItaliaOggi e Il Ducato. Nelle mie tesi ho parlato di migranti e mafia foggiana. Sono appassionata di cronaca, musica e spettacolo.

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