#Blog EllePì – Molestie sessuali in ambito universitario: un fenomeno sommerso

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Un complimento non richiesto, un fischio per strada, il mancato rispetto degli spazi personali o il contatto fisico non desiderato: sono tutti esempi di molestie sessuali, una delle forme di violenza più subdole. Spesso infatti è difficile definire il confine tra lecito e improprio e stabilire se un determinato comportamento sia classificabile e percepito come avance, complimento o molestia.

I più recenti dati Istat indicano che il 43,6% delle donne italiane e il 18,8% degli uomini italiani hanno subito nel corso della propria vita una qualche forma di molestia sessuale. Le principali forme di molestia sono di tipo verbale (cat calling, commenti fastidiosi, non richiesti o minacciosi) e fisico (essere toccati/e, abbracciati/e, baciati/e contro la propria volontà), ma non mancano gli episodi di esibizionismo o le telefonate oscene. Per di più negli ultimi anni si sono diffuse nuove forme di molestia rese possibili dall’avanzare della tecnologia, come l’invio non richiesto di materiale pornografico attraverso i social network, il cyber-flashing (l’inoltro di immagini o video pornografici a persone sconosciute attraverso la connessione Bluetooth ai loro cellulari) o il zoombombing (una persona disturba una conferenza o riunione online connettendosi improvvisamente, anche attraverso imprecazioni sessiste o attività sessualmente esplicite).

Il fenomeno della molestia sessuale è stato analizzato soprattutto in quei contesti in cui si vanno ad affermare disparità e gerarchie di potere. Gli ambienti lavorativi e universitari sono luoghi in cui si può assistere maggiormente a quelle forme di molestia che Louise Fitzgerald nel 1990 ha definito come coercizione sessuale. Con questo termine la ricercatrice descrive una forma di coercizione quid pro quo per la quale una persona con una posizione di superiorità forza una persona subordinata a favoritismi di tipo sessuale in cambio di vantaggi sul luogo di lavoro o studio (come una promozione o il conferimento di un assegno di ricerca) o per evitare delle punizioni (come il licenziamento o la bocciatura).

Sempre stando ai dati Istat, l’8,9% delle donne italiane ha subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul luogo di lavoro, al fine di un’assunzione, del mantenimento della posizione lavorativa o della progressione di carriera. Circa il 34% di queste donne ha dichiarato di aver abbandonato volontariamente il proprio impiego, rinunciando alla carriera, mentre per l’11% delle intervistate vi è stato un licenziamento o lo spostamento in cassa integrazione (senza una successiva riassunzione).

A differenza dei contesti lavorativi, disponiamo di pochissime ricerche affidabili riguardo al mondo accademico e universitario. Sappiamo da uno studio condotto in una grande università del Nord Italia che il 5% delle studentesse ha riportato di essere stata oggetto di allusioni di carattere sessuale in sede di esame e il 3% ha subito un ricatto sessuale da un docente. Una recentissima inchiesta del Corriere della Sera ha riportato la testimonianza di alcune studentesse, ricercatrici e professoresse associate che hanno subito molestie da parte di professori e che hanno trovato il coraggio di denunciare.

È proprio l’assetto legislativo a costituire un grosso limite nella prevenzione di questi fenomeni all’interno dei mondi accademici e non. Il Codice Penale italiano non prevede espressamente il reato di molestia sessuale. Per questo motivo, ogni qualvolta si configura l’ipotesi di questo tipo di illecito, in base alle sue caratteristiche è necessario inquadrare l’episodio all’interno di altri reati, come quello di violenza sessuale o molestia generale. Chi è vittima di violenza può sperimentare un forte sentimento di vergogna, senso di colpa e confusione. Queste emozioni possono portare la persona a minimizzare l’accaduto o addirittura negare che si sia trattato di molestia sessuale. Il fatto che in Italia non esista un inquadramento legislativo autonomo in riferimento a questo tipo di episodi fa sì che la denuncia diventi un procedimento lungo, complesso e doloroso e che quindi la si disincentivi.

L’articolo 21 della Legge n. 183 del 2010 ha istituito il CUG, Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni. Tale organismo è obbligatorio in tutte le Università statali (così come in tutte le Pubbliche Amministrazioni) e ha lo scopo di “assicurare parità e pari opportunità di genere, la tutela dei lavoratori contro le discriminazioni e il mobbing nonché l’assenza di qualunque forma di violenza fisica e psicologica”. Il CUG introduce la figura del/della consigliere/a di fiducia, una persona esterna all’Ateneo, adeguatamente formata, alla quale dipendenti, studenti e studentesse possono rivolgersi per segnalare episodi di molestie, discriminazioni o mobbing. L’inchiesta del Corriere della Sera ha rilevato come solo in trentadue atenei su ottantacinque questa figura sia presente. Inoltre, in alcune Università è poco conosciuta o non è facile risalire ai contatti a cui rivolgersi per richiedere aiuto.

Le dinamiche della molestia sessuale sono complesse e influenzate da fattori culturali, sociali, storici e legislativi. C’è ancora molta strada da fare affinché chiunque sia vittima di questa forma di violenza sappia riconoscerne la gravità e possa trovare una solida rete di sostegno psicologico e legale nell’affrontare l’accaduto. È importante che anche la ricerca contribuisca a questo cambiamento, studiando maggiormente il fenomeno soprattutto nei contesti universitari (come avviene da diversi decenni negli Stati Uniti e nei paesi anglosassoni e scandinavi) e fornendo strumenti utili per monitorarlo. La speranza è quella di andare in contro a un futuro in cui la molestia, così come ogni forma di violenza, non sia soltanto punita ma anche prevenuta.


Per saperne di più:
L’inchiesta del Corriere della Sera: https://27esimaora.corriere.it/20_dicembre_10/molestie-quello-che-universita-non-dicono-ecco-nomi-numeri-denunciare-1c01a136-3a2f-11eb-bd0f-1c432ae6dd98.shtml
La ricerca promossa dal CUG dell’Università di Trieste: https://www.openstarts.units.it/bitstream/10077/29142/8/Molestie_Cug.pdf
Il portale nazionale del CUG: https://portalecug.gov.it/
I dati Istat sulle molestie sessuali in Italia: https://www.istat.it/it/files//2018/02/statistica-report-MOLESTIE-SESSUALI-13-02-2018.pdf
Manuale di difesa dalle molestie online (inglese): https://onlineharassmentfieldmanual.pen.org/
Il programma STAND UP contro le molestie nei luoghi pubblici: https://www.standup-international.com/it/it/


Nicole Ayangma Pontiroli ha conseguito la laurea magistrale in Psicologia Clinica presso l’Università di Padova, dove successivamente si è abilitata alla professione di psicologo. Attualmente frequenta la Scuola di Sessuologia presso il Centro Italiano di Sessuologia di Bologna e lavora tra la provincia di Venezia e Padova in ambito giuridico, sociale ed educativo. Ha vinto nel dicembre del 2020 la V Edizione del Premio “Valeria Soleson” per Tesi di Laurea Magistrale.

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