#Blog EllePì – Perché abbiamo bisogno dei musei?

La pandemia continua a mettere a dura prova i nostri sistemi sanitari, sociali e culturali. Siamo circondati da dibattiti dai toni spesso schizofrenici che si dipanano lungo un continuum ai cui estremi troviamo il catastrofismo pessimistico o all’opposto un ingenuo negazionismo. Forte il disaccordo anche sul potenziale pedagogico di questa esperienza: le paure possono essere un terreno solido su cui costruire nuove modalità di sviluppo in tutti i campi dell’umano?

Ovviamente non abbiamo una risposta univoca. Quello di cui siamo certi è che la situazione di emergenza ha accelerato una catena di riflessioni originate in precedenza, ma mai affrontate con puntualità. In questo contesto il mondo della cultura non è rimasto passivo e uno degli interrogativi ricorrenti, già dalla prima ondata, ha sicuramente riguardato i musei. A marzo, durante il lockdown, la prima risposta degli istituti culturali è stata quella di proporre per la prima volta – o di potenziare – i contenuti digitali. Chi aveva già avviato il faticoso, ma indispensabile, processo di digitalizzazione di opere e contenuti è stato facilitato nel compito, ma anche i meno attrezzati si sono ingegnati. Le piattaforme di social network hanno dato la possibilità anche a chi non aveva potenti strumenti di affacciarsi dalle finestre dei musei chiusi per incontrare a distanza i proprio pubblici. Sono stati organizzati webinar, dirette Facebook e Instagram e ogni forma di intrattenimento in formato digitale.

Nonostante l’efficacia di queste operazioni e l’impegno messo da tutte le istituzioni, ci si è presto resi conto che il museo non è solo uno spazio di intrattenimento o un luogo dove poter vedere opere d’arte. Dopo il primo entusiasmo generato dalla possibilità di accedere virtualmente anche a collezioni ospitate dall’altra parte del mondo che – con alta probabilità – non avremmo mai avuto la possibilità di visitare, si è fatto largo in molti un senso di insoddisfazione . I più attenti tra fruitori e operatori culturali sono sempre più consapevoli che l’online non è in grado sostituire integralmente un’esperienza onsite, poiché visitare un museo è un’operazione molto più complessa. Torniamo allora a chiederci che cos’è un museo e perché ne abbiamo bisogno?

L’esperienza della Fondazione Lavoroperlapersona nella gestione dei “Laboratori Didattici Museo Aldo Sergiacomi” ci fa rispondere che il museo è un importantissimo spazio di apprendimento che contribuisce alla crescita personale di uomini e donne, di bambine e bambini in accordo –  perché no – anche con l’obiettivo 4 dell’Agenda 2030 che mira a promuovere opportunità di apprendimento continuo per tutti, ben oltre l’educazione formale ricevuta a scuola.

Visitare un museo, di qualsiasi tipo, risponde a bisogni molteplici ed eterogenei. L’umano, per sua natura, ha necessità di sperimentare attraverso la bellezza un godimento estetico, cioè un piacere derivato da qualcosa che non ha natura strumentale, da qualcosa che nel pratico non ha nessuna utilità. Entrare in un museo è anche un’operazione politica, se per politica intendiamo tutto ciò che appartiene alla dimensione della vita comune. Significa immergersi con il proprio corpo in uno spazio pubblico, vivere e sperimentare una dimensione che concentra in sé presente, passato e futuro.

Un museo rappresenta la volontà di tramandare oggetti, significati e valori del passato; il presente nel lavoro di conservazione, studio e comunicazione e il futuro nella scelta di continuare questa conversazione intergenerazionale in una continua evoluzione di strumenti e linguaggi. Quindi sì, abbiamo ancora bisogno dei musei come laboratori in cui sperimentare l’umano in tutte le sue forme e auspichiamo che un miglioramento delle condizioni sanitarie ne permettano quanto prima la riapertura.


Veronica Trasarti è laureata in Filosofia presso l’Università di Bologna con una tesi su democrazia e disobbedienza civile. Ha collaborato per un anno con la Biblioteca Salaborsa e, tornata nelle Marche, ha frequentato il master in Cultural Heritage Management presso l’ISTAO Business School in partnership con la Fondazione Lavoroperlapersona. Attualmente collabora con la Fondazione con l’obiettivo di valorizzare i Laboratori Didattici “Museo Aldo Sergiacomi”.

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