#BlogEllePì – La solidarietà alla prova degli utili
di Gabriele Gabrielli
Qualche giorno fa Abubakar Soumahoro ha detto in un’intervista che “o riusciamo a ricostruire solidarietà … oppure l’epidemia dell’egoismo ci distruggerà”. Un’immagine efficace che ci scuote e chiede: saremo capaci di trarre le giuste lezioni da questa drammatica vicenda? In queste settimane nelle quali si accavallano tumultuose notizie, fake news, dibattiti, servizi e approfondimenti, arrivano laceranti le richieste di aiuto che provengono da tante persone che si ritrovano povere, bisognose di generi di prima necessità. Manca la liquidità, manca il lavoro, persino quello sommerso, che procurava risorse per mangiare. C’è solo smartworking, ma forzato. Gli aiuti stanziati dal Governo arriveranno, ma intanto quello che sta funzionando sono le numerose filiere di aiuto che nascono anche al di fuori dei canali più tradizionali di prossimità come quello straordinario della Caritas. Vengono in mente le immagini di quei cittadini e di quelle famiglie che apparecchiano lungo la strada, davanti al loro portone di casa, un tavolo di soccorso e di primo aiuto. “Se puoi metti, se non puoi prendi” è il claim semplice della più autentica prossimità in questo tempo che dà speranza, segnalando uno dei tanti percorsi di umanizzazione che l’epidemia del Covid19 sollecita e lascia scoprire.
In queste settimane, in verità, è difficile distinguere tra la moltitudine di crescenti richieste di aiuto che s’intrecciano confondendosi nel silenzio assordante che provoca la paura di non farcela, di dover chiudere, di dover cancellare storie di persone e relazioni. E’ la sofferenza, irretita dallo stupore, di tanti artigiani, di piccole ditte e imprese che si sono visti spazzare via ordini, commesse, contratti. “Tutto cancellato”, si sentono dire dagli uffici acquisti di numerose grandi imprese e multinazionali, “per il 2020 tagliamo tutto”. Perché, si domandano sconcertati e travolti dallo sgomento? Non vi abbiamo servito bene? Sono anni che collaboriamo con voi. Non potevamo fare qualche cosa, magari meno, ma di questi tempi ci avrebbe salvato e dato dignità. Perché, si domandano ancora increduli nella morsa della paura? Qualcuno dall’altra parte azzarda una risposta. Sono scelte che si fanno per tagliare tutti i costi, perché il fatturato cala anche per noi che credete? Anche noi abbiamo i nostri problemi, i budget che non si raggiungono, gli incentivi che saltano, il top management che è concentrato su come preservare un profilo adeguato di redditività, gli azionisti che non vogliono toccare i margini e chiedono comunque profitti. E’ dura anche per noi.
In questo modo, però, per riprendere il pensiero di Abubakar si rischia di passare da un’epidemia ad un’altra e non si sa quale sia peggiore. Anche quella dell’egoismo non fa respirare, proprio come il coronavirus. Proprio come la ricerca a tutti i costi, di questi tempi, di profitti e dividendi e senza pensare troppo alle conseguenze per molti, può contribuire a esasperare la situazione per i più piccoli e i più fragili, togliendo loro il fiato. Cosa potrebbe succedere se l’impresa un anno non facesse profitti e contribuisse invece a tenere in vita molte piccole realtà? Ci guadagnerebbe solo in reputazione. Perché non pesare anche questo?
Gabriele Gabrielli è co-Fondatore e Presidente della Fondazione Lavoroperlapersona e Presidente del Comitato Scientifico del Centro di Ricerca EllePì. Professore a contratto e Professor of Practice di People Management, HRM & Organisation, Organisational Behaviour presso l’Università LUISS Guido Carli e la LUISS Business School. È stato Direttore Risorse Umane e Organizzazione di grandi imprese pubbliche e private. Fa parte del Comitato Scientifico dell’AIDP, Associazione italiana per la Direzione del Personale. Giornalista-pubblicista, scrive per e-magazine e riviste di leadership, risorse umane e management. È direttore della Collana Lavoroperlapersona e co-direttore della Collana Persone, Reti, Lavori edite dalla Franco Angeli.