Offida Film Festival, il primo giorno. Sostenibilità, e intelligenza artificiale: che futuro costruiamo?

Maria Cristina Origlia ha dato il via ai lavori ricordando un concetto semplice e profondo: la sostenibilità si valuta nell’impatto intergenerazionale. È il futuro che ci deve guidare nelle scelte di oggi, non la convenienza del momento. “Non stiamo tornando indietro. Forse stiamo solo percorrendo una strada sbagliata”. Con questa riflessione, Sergio Spinelli ha aperto un interrogativo potente durante la seconda giornata del FilmFestivalOffida. È davvero possibile pensare alla sostenibilità — ambientale, sociale, tecnologica — senza chiederci prima dove vogliamo andare come società?

Quando la sostenibilità diventa opportunismo

Alessia Sammarra ha denunciato un paradosso evidente: la sostenibilità, un tempo parola chiave per manager e aziende, è diventata una “bolla” scoppiata sotto il peso delle convenienze politiche. Quando la politica la supportava, le aziende erano tutte in prima linea. Oggi, con un vento contrario, molte – come Meta – hanno smantellato programmi DEI (Diversity, Equity, Inclusion), rivelando la natura più strategica che etica di certi impegni.

Ma la sostenibilità non è solo un posizionamento valoriale: è analisi dei dati, lettura oggettiva del presente e visione per il futuro. Secondo Sammarra, l’Italia, non è un paese per giovani, e dà i dati della fuga: 377.000 giovani hanno lasciato l’Italia tra il 2011 e il 2023, con un impatto di 134 miliardi sul PIL italiano. Non si può ignorare la realtà: la sostenibilità conviene, ma richiede coraggio, virtù, investimento umano. In un contesto in cui la polarizzazione della ricchezza aumenta, chi detiene il potere economico può indirizzare politica e media. Questo rende ancora più urgente una trasformazione reale, non solo di facciata.

Leadership e cambiamento: serve una nuova cultura del lavoro

Dopo la proiezione del film I tuttofare (2021), il panel ha affrontato il nodo della leadership sostenibile. Ornella Chinotti apre con una frase del film: “Avevamo solo un pozzo e volevo vedere chi lo sprecava”. Una metafora potente per spiegare che leadership significa anche gestire risorse limitate, allineando consumi e bisogni, spiega Chinotti. Scelte simboliche, come dire no al Black Friday, parlano di cultura aziendale concreta, non solo di valori dichiarati.

La vera sfida, come ha sottolineato Sergio Spinelli, è navigare nella complessità: tenere insieme esecuzione a breve e visione a lungo termine, risultati e benessere, produttività e umanità. Non esiste cambiamento aziendale senza cambiamento delle persone. E servono virtù rare: ascolto, pazienza, vulnerabilità, coraggio. Maria Cristina Origlia ha sottolineato come il cambiamento nasca dalle domande scomode. E queste emergono solo dalla diversità. Se la leadership resta concentrata nelle mani di pochi gruppi sociali, sarà difficile avviare trasformazioni vere. La finanza stessa sembra aver perso la rotta: dopo anni in cui premiava comportamenti virtuosi, oggi torna a inseguire solo il profitto, come mostra il caso BlackRock.

Tecnologia e intelligenza artificiale: il nuovo terreno etico

Nel cuore del Festival, il dibattito si è poi spostato sull’intelligenza artificiale generativa con il professore Giorgio de Michelis (Università Milano Bicocca). Come usarla in modo intelligente ed etico? Premi Nobel come Geoffrey Hinton e Giorgio Parisi hanno lanciato l’allarme: le Big Tech stanno agendo senza una posizione etica chiara, e questo è pericoloso. L’intelligenza artificiale è ormai parte del nostro tempo libero più che del nostro lavoro, e secondo de Michelis non c’è da stupirsi. Come diceva Michel Serres, infatti, la rivoluzione digitale non è industriale: è antropologica. E al centro delle rivoluzioni umane, la scrittura, il libro e il digitale, non c’è solo la tecnologia, ma la possibilità di renderla accessibile a tutti. “Non è la scrittura a cambiare il mondo, ma l’alfabeto. Allo stesso modo, il web nasce come uno spazio per conservare conoscenza, ma è con l’invenzione del browser che diventa davvero universale. Un’interfaccia semplice per accedere a ciò che prima era riservato a pochi”, ha detto de Michelis.

Nel 2022, OpenAI lancia ChatGPT, e l’effetto è sconvolgente, ora ci troviamo davanti a una sfida ancora più grande: non riusciremo a sostenere l’attuale livello di sviluppo in modo sostenibile. Cosa ci salverà? Una catastrofe. D’altronde il premio Nobel per la fisica Geoffrey Hinton si è licenziato da Google proprio per avvertire il mondo sui pericoli dell’Intelligenza Artificiale. Ma nella crisi c’è anche la possibilità di re immaginare la vita sulla Terra. E in questo processo, la tecnologia digitale sarà una condizione necessaria, anche se non sufficiente. Ma d’altronde lo diceva già Wittgenstein: “Il significato di una parola è il suo uso nel linguaggio.” E forse anche la conoscenza è così: non sta nell’informazione in sé, ma nel modo in cui la usiamo.

Umanità, lavoro e relazioni: la vera sfida della modernità

Massimo Genova (Alveira) riporta l’attenzione sulla dimensione più umana: un cervello ha bisogno di serenità per pensare, e le persone devono sentirsi parte di qualcosa, motivate, libere di organizzare il proprio lavoro. “E poi tutti fuori alle 18”, dice con decisione. È questo il nuovo equilibrio. Alessandro Groggia (Weliba) sottolinea che ciò che fa stare bene le persone è la connessione con gli altri, l’equilibrio tra lavoro e vita privata, la possibilità di essere riconosciuti. È maturità? È fuga? Maria Cristina Origlia lo pone come interrogativo: sono giovani che scelgono con consapevolezza o ragazzi stanchi di essere sfruttati? Chiude la discussione Soleda Bora (Namiriai): “Il datore di lavoro deve avere rispetto e capacità di mantenere il valore dell’uomo. Serve attenzione a chi lavora con questi strumenti, supporto, formazione, ascolto”. E aggiunge con orgoglio che la rivoluzione digitale può e deve essere fatta dalle persone, dal basso: “Non bisogna solo pensarla, ma farla”.

Conclusione: quale umanità vogliamo coltivare?

In un tempo di trasformazioni rapide e spesso disorientanti, la vera domanda da porsi è: che tipo di umanità vogliamo coltivare? La tecnologia non è neutra, la sostenibilità non è una moda, il lavoro non è solo produttività. Se vogliamo davvero cambiare, serve una visione. Serve investire nell’umano.
E, come ha detto il Papa, serve anche parlare — finalmente — di povertà e intelligenza artificiale.

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