#Blog EllePì – Morti sul lavoro: non numeri, ma persone

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Stilare un elenco, raccontare le storie, dare un nome alle vittime, raccogliere le testimonianze dei sopravvissuti. Esiste un modo per scrivere di morti sul lavoro senza sfociare nella retorica, o senza limitarsi a fornire statistiche e indicare le leggi che dovrebbero contrastare il fenomeno? Ogni anno si ripete lo stesso dilemma. Quella dei morti sul lavoro è una tragedia che non si arresta. Papa Francesco, nel suo intervento in occasione dell’incontro con l’Associazione Nazionale dei Costruttori Edili ha lanciato un monito: “purtroppo, se si guarda alla sicurezza dei luoghi di lavoro come a un costo, si parte da un presupposto sbagliato. La vera ricchezza sono le persone: senza di esse non c’è comunità di lavoro, non c’è impresa, non c’è economia. La sicurezza dei luoghi di lavoro significa custodia delle risorse umane, che hanno valore inestimabile agli occhi di Dio e anche agli occhi del vero imprenditore”.

Anche il capo dello Stato, Sergio Matterella si è spesso pronunciato sul tema della sicurezza sul lavoro. In occasione della Festa del 1° maggio ha dichiarato che “il lavoro è misura di libertà, di dignità, rappresenta il contributo alla comunità. È strumento di realizzazione di diritti sociali. Premessa di tutto è la scurezza sul lavoro”. Il presidente della Repubblica ha indicato la sicurezza come “premessa” per il lavoro, come chiave e conditio sine qua non per lo svolgersi sereno del mestiere al quale ci si dedica.

Nulla di più distante dal morire mentre si lavora e lasciare che un algoritmo avvii una lettera per il licenziamento, come è accaduto al giovane Sebastian Galassi. La dignità di un lavoratore vale molto più di una mancata consegna e la sua vita ha un valore inestimabile. Non si può accettare che le persone diventino numeri, che il lavoro venga disumanizzato, che prevalga la logica del profitto e dell’efficienza.

L’innovazione in campo lavorativo, con la nascita di nuove figure professionali, richiede nuove forme di tutela e prevenzione. La figura dei riders, ad esempio, su cui si è tanto dibattuto dal punto di vista della contrattualizzazione, richiede un pacchetto di norme ad hoc, che tuteli la salute e l’incolumità dei lavoratori. Questa tipologia di professionisti è continuamente esposta ai rischi legati alla strada e ancora non c’è letteratura che descriva i danni a lungo termine che può portare il lavoro in bici, esposti alle intemperie, per tante ore al giorno.

Diamo un’occhiata ai numeri. Secondo il Rapporto annuale dell’Inail, nel 2021 le denunce di infortunio mortale sul lavoro sono state 1.361, con un calo del 19,2% sul 2020. La contrazione è legata interamente ai decessi causati dal contagio da Covid, passati dai circa 600 del 2020 ai circa 200 del 2021. Le denunce di infortuni mortali “tradizionali” dopo i lockdown e le restrizioni del 2020 sono aumentate di quasi il 10%. Gli infortuni mortali accertati sul lavoro sono 685. Gli infortuni complessivi denunciati sono stati 564.089, in calo dell’1,4% sul 2020. La diminuzione è dovuta esclusivamente alla contrazione dei contagi da Covid. Gli infortuni riconosciuti sul lavoro sono stati 349.643, il 17,5% dei quali avvenuti “fuori dell’azienda”, cioè “in occasione di lavoro con mezzo di trasporto” o “in itinere”, nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro. Nella lingua giapponese esiste una parola – karoshiche indica l’eccesso di lavoro. Secondo l’Oms, il karoshi ha causato 745mila decessi per ictus o cardiopatia ischemica.

Sicurezza vuol dire soprattutto prevenzione. Nulla può sostituire l’umano e nulla vale più dell’incolumità di ogni singola vita. Finché si continuerà a parlare di incidenti, tragedie, morti bianche, il fenomeno continuerà ad essere affrontato quasi come se fosse un qualcosa di inevitabile. Non è così. Affinché gli elenchi coi nomi delle vittime non continuino ad allungarsi, è necessario promuovere politiche che garantiscano la formazione e la sicurezza dei lavoratori, ma che richiamino allo stesso tempo i datori di lavoro ad assumersi le proprie responsabilità, a investire e vigilare.


Asmae Dachan è giornalista professionista e scrittrice italo-siriana, è esperta di Medio Oriente, Siria, Islam, dialogo interreligioso, immigrazione e terrorismo internazionale, iscritta all’Ordine dei Giornalisti delle Marche dal 2010 lavora come freelance per diverse testate nazionali e internazionali. Responsabile Ufficio Stampa Fondazione Lavoroperlapersona.. Attivista per la pace e la non violenza, è stata nominata nel 2013 Ambasciatrice di Pace a vita dell’Università per la Pace della Svizzera. Il 2 giugno 2019 è stata insignita del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

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