#Blog EllePì – Un lavoro messo a dura prova

***Il testo riprende alcuni contenuti e riferimenti della riflessione preparata per il gruppo adulti dell’Azione Cattolica di Carpi in occasione del campo invernale 2021. In fondo all’articolo è disponibile anche il video realizzato per l’occasione***

Questo è un tempo che mette a dura prova il lavoro. Sono numerose infatti le prove a cui lo sottopone: quella che riguarda il suo senso, continuamente sfilacciato da più parti; quella che gli chiede conto della sua effettività e consistenza nella pratica organizzativa ed economica; quella che lo mette di fronte alla necessità che venga organizzato diversamente, per adeguarsi alle nuove istanze della trasformazione. Queste prove sono intrecciate profondamente le une con le altre: se, per esempio, guardiamo il lavoro come strumento e dono, «via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale»[1], un lavoro insomma che consente il compimento dell’uomo, ci stiamo muovendo sul piano del suo senso. Ebbene questo sguardo e le risposte che genera condizioneranno anche quello della sua effettività perché prevarrà la preoccupazione e l’impegno a costruire un’economia capace di creare lavoro in abbondanza e non di risparmiarlo facendolo diventare un bene scarso e per pochi. Al tempo stesso, il senso del lavoro così accolto condizionerà anche il modo con cui sarà organizzato e le pratiche che verranno realizzate nella conduzione quotidiana degli affari e nella gestione delle persone. Sono tre piani dunque – senso, effettività e consistenza, organizzazione – profondamente intrecciati perché tutto è in relazione. Sono tre piani di grande concretezza e attualità.

Il primo piano, quello dove è in gioco il senso del lavoro, affida la sua cura ai protagonisti dell’educazione e della cultura, a cominciare dalla famiglia, luogo naturale per coltivare entrambe; e poi la scuola, l’università. Su questo piano, c’è un impegno enorme da mettere in campo per recuperare quel senso del lavoro che l’«esasperazione del consumo»[2] in cui viviamo ha corroso, un’ossessione di possesso guidata dai meccanismi dell’economia e dagli eccessi del paradigma neo-liberista che hanno posto il profitto sopra tutto. Scopo dell’impresa, infatti, non è semplicemente la produzione del profitto, bensì l’esistenza stessa dell’impresa come «comunità di uomini».[3] Il valore primario del lavoro, allora, «è il bene della persona umana perché la realizza come tale, con le sue attitudini e le sue capacità intellettive, creative e manuali. Da qui deriva che il lavoro non ha soltanto una finalità economica e di profitto, ma soprattutto una finalità che interessa la sua dignità»[4] affinché sia possibile «una società del lavoro libero, dell’impresa e della partecipazione».[5]

Il secondo e terzo piano – come dicevamo in apertura – sono quelli dell’effettività e della consistenza, da un lato, e dell’organizzazione del lavoro dall’altro. La loro prospettiva di estrema concretezza domanda: chi sono i principali protagonisti che dovrebbero consentire che il senso del lavoro di cui discutiamo diventi reale, esperienza di vita, concreta dimensione dell’umano? Sono numerosi i protagonisti che questa domanda chiama in causa. Un ruolo importante lo ha certamente chi governa e chi legifera, ma in questa sede vogliamo riflettere piuttosto sugli imprenditori, da un lato, e sui capi e i manager dall’altro, ossia le persone che organizzano e guidano il lavoro di altri. Perché, va detto, che non ci può essere lavoro senza impresa, senza qualcuno che voglia organizzare economicamente un progetto e produrre beni e servizi per ricercare il benessere integrale della persona, lo sviluppo sostenibile dell’economia e della società: «l’imprenditore è una figura fondamentale di ogni buona economia: non c’è buona economia senza buon imprenditore»[6]. Per rendere il lavoro effettivo e consistente con il senso sopra abbozzato occorrono imprenditori che guardano all’impresa come progetto sociale e non come una protesi individuale; come progetto comunitario che esige condivisione di valori, idee e risultati, che è anche la strada maestra per riconoscere cittadinanza proprio al lavoro partecipativo e solidale.

Per quanto riguarda i manager, le sfide che porteranno a gestire le persone in maniera sostenibile sono enormi [7] e chiedono di alzare lo sguardo dalle pressioni del presente per guardare al lungo periodo. Basti un esempio. Come si potranno gestire con efficacia persone che – con molta probabilità – saranno sottratte più frequentemente allo sguardo e al controllo dei capi? Ecco, allora, che nei prossimi mesi – quando prenderà forma lo smart working strutturale – entreranno in scena prepotentemente due risorse fondamentali che vanno rilette nel loro significato per comprenderne le implicazioni: fiducia e autonomia. I comportamenti diventeranno ingrediente fondamentale per rinforzare la fiducia, una corda che diventerà allora una cintura di sicurezza, capace di “fare rete”[8] e sorreggere persone e team anche nei momenti di difficoltà. Del resto l’etimologia di fiducia è proprio corda, la corda del liuto.

Sarà questa corda a sostenere la convivenza organizzativa e a consentire quella maggiore autonomia richiesta da un lavoro sempre più sottratto allo sguardo del capo. Quando una persona è autonoma, infatti, significa che è capace di muoversi da sola; perché sa quello che deve fare; sa qual è la strada che deve percorrere e le sue regole. Riconoscere autonomia, dunque, significa ritrarsi, lasciare il passo, occuparsi “di iniziare processi più che di possedere spazi”[9]. È solo all’interno di questa profonda trasformazione che si potrà mettere mano anche a una diversa organizzazione del lavoro concependola a misura d’uomo, il che rende ancora più attuale e necessaria l’idea del lavoroperlapersona.



Gabriele Gabrielli è ideatore, co-fondatore e presidente della Fondazione Lavoroperlapersona insegna Organizzazione e gestione delle risorse umane presso l’Università Luiss Guido Carli. Imprenditore, consulente e coach, è stato Direttore Risorse Umane e Organizzazione di grandi imprese pubbliche e private. Giornalista-pubblicista, è direttore della Collana LAVOROperLAPERSONA e co-direttore della Collana Persone, Reti, Lavori edite dalla Franco Angeli. Autore di numerosi lavori scientifici e divulgativi, il suo ultimo libro è (a cura di), Allenarsi per il futuro. Sfide manageriali del XXI secolo, FrancoAngeli, Milano 2021.


Riferimenti:
[1] Papa Francesco, Lettera enciclica sulla cura della casa comune Laudato sì, Libreria Editrice Vaticana, 2015, 128
[2] Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, Libreria Editrice Vaticana, 2013, 60
[3] Ibidem, 35
[4] Papa Francesco, Discorso ai dirigenti e agli operai delle acciaierie di Terni e ai fedeli della Diocesi di Terni-Narni-Amelia, 20 marzo 2014, in Costa G., Foglizzo P., Il lavoro è dignità, Ediesse, Roma, 2018, pp. 48 e 49.
[5] San Giovanni Paolo II, Lettera enciclica nel centenario della “Rerum Novarum”, Centesimus Annus, Libreria Editrice Vaticana, 1991, 34
[6] Papa Francesco, Incontro con il mondo del lavoro, Genova, 27 maggio 2017, in Costa G., Foglizzo P., cit., p. 191.
[7] Gabrielli G. (a cura di), Allenarsi per il futuro. Sfide manageriali del XXI secolo, FrancoAngeli, Milano, 2021
[8] Alici L., Pierosara S., Il credito che il possibile affida al reale, in Alici L., Pierosara S., (a cura di), Generare fiducia, FrancoAngeli, Milano, 2014, 20
[9] Papa Francesco, Evangelii Gaudium, cit., 223

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