Blog EllePì – Giovani in apprendistato

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La formazione per il cambiamento

di Laura Copparoni

Rifacendomi alle osservazioni avanzate dal Prof. d’Aniello in Apprendistato, formazione e senso del lavoro, vorrei soffermare l’attenzione sulla questione relativa alla formazione professionale delle giovani generazioni, marcando, in particolar modo, il riguardo verso il carattere etico-educativo della stessa. Nonostante si riscontri la volontà, che sembra contraddistinguere ciascuna delle proposte e degli effettivi provvedimenti mossi in campo legislativo, di rilanciare l’apprendistato quale fondamento dell’esperienza formativa e lavorativa in generale, le difficoltà, che si sono riscontrate nel passato, permangono e trovano, a tutt’oggi, ancora campo fertile.

 

Sicuramente la situazione di crisi attuale non facilita il pensare l’attività lavorativa in termini di esperienza di crescita e di realizzazione personale, ma appiana la stessa ad un livello nel quale si ravvisa tanto la dimensione funzionale quanto quella strumentale dell’agire umano, enfatizzando l’obiettivo a cui prevalentemente si tende, quello, cioè, dell’incremento della produzione, dunque, della competitività dei beni nel mercato globale. Evidenti appaiono, oltretutto, anche l’inconsapevolezza e la trascuratezza delle iniziative mosse in campo educativo e formativo, lacunose soprattutto dal punto di vista progettuale, tese ad una formazione del lavoratore più tecnicistica che umana, quindi, più a dare risposte alle necessità dell’oggi che a favorire un processo di crescita proiettato nel futuro.

Tuttavia, proprio le criticità economiche e sociali contingenti, con l’annessa e graduale perdita di valori etici e morali che, ineluttabilmente, contagia anche le giovani generazioni, dovrebbero essere considerate quali sfide e stimoli a pensare e ad attuare quelle soluzioni che potrebbero essere efficaci per invertire il fenomeno e contribuire, agendo sull’individuo in un contesto plurale, a dare un diverso futuro alla stessa società. Risulterebbe imprescindibile, secondo questa ottica, valutare l’opportunità di far maturare anche il mondo del lavoro con espedienti che tengano conto di quello che si vorrebbe che sia la società del domani; ciò si esprimerebbe nella necessità di far prendere coscienza a tutti i cittadini del valore del lavoro, di essere società, di adoperarsi per la comunità di cui essi stessi fanno parte riscoprendo la prevalenza delle motivazioni personali e sociali rispetto a quelle puramente economiche e operative.

Ebbene, salpare verso nuovi orizzonti di senso del lavoro, significherebbe sciogliere quegli “ormeggi” che ci tengono ancorati alle “acque” proprie del riduzionismo economico e affrontare una nuova rotta, affidando, quindi, ai giovani quegli “strumenti” essenziali per organizzare e gestire il “viaggio” e riconoscendo la responsabilità educativa di coloro che hanno il compito di accompagnarli e sostenerli.

Proprio per tale motivo l’istituto dell’apprendistato può essere considerato quale reale sfida del e per il futuro, garante di reali opportunità di miglioramento, in termini di crescita personale, da un lato, e di produttività e qualità del lavoro, dall’altro. Ciò implica, però, il realizzarsi di determinate condizioni. Si tratta, infatti, di abbandonare ogni opportunistico abuso dei contratti a cui si fa riferimento, auspicando ad una diligente fruizione degli stessi e promuovendo, così, il miglioramento qualitativo dei contenuti formativi proposti. Si tratta, quindi, di progettare ed ideare nuovi percorsi formativi, fondati, come evidenziato dallo stesso d’Aniello, su di una didattica per competenze, ripensando, prima di tutto, al significato che l’esperienza di formazione e di lavoro assume per il giovane, del quale vanno riconosciuti ed apprezzati bisogni, aspettative, desideri, sogni. Si tratta, ancora, di riflettere sulla preparazione e sul ruolo assunto dalle figure professionali a cui viene affidato il compito di accompagnare il giovane durante la sua formazione; far riferimento, dunque, alla responsabilità etica e alla sensibilità educativa proprie del professionista della formazione che riguardano quella riflessività soggettiva non solamente inerente a determinate azioni considerate nella loro unicità e separatezza rispetto alle altre, ma che trova espressione lungo tutto il processo formativo, caratterizzato da interventi personalizzati di educazione integrale, con importanti ricadute sul piano relazionale, cognitivo, culturale, affettivo, quindi, professionale. Si tratta, in definitiva, di recuperare la concezione antropologica del lavoro, apprezzando la dimensione generativa dell’attività lavorativa, elargendo, così, un’effettiva manifestazione a quelle riflessioni ed intenzioni, etiche ed economiche insieme, che oggi, nell’orizzonte lavorativo, rappresentano solamente semplici pertugi affidati alla speranza.

 

Per approfondire

A. Agosti (a cura di), La formazione.Interpretazioni pedagogiche e indicazioni operative, Franco Angeli, Milano, 2006.

G. Boschini, S.E. Masi (a cura di), Etica, organizzazione e formazione.Riflessioni sull’ethos della formazione e la formazione dell’ethos, Franco Angeli, Milano, 2004.

A. Casavecchia, Giovani, identità e lavoro, Effatà, Cantalupa (TO), 2007.

R.D. Di Nubila, Saper fare formazione.Manuale di metodologia per giovani formatori, Pensa Multimedia, Lecce, 2005.

 

Profilo dell’autore

Laura Copparoni attualmente sta svolgendo il dottorato di ricerca in Theory of Education presso l’Università di Macerata – Dipartimento di Scienze della Formazione, dei Beni Culturali e del Turismo, dove si è precedentemente laureata in Scienze della Formazione Primaria e in Scienze Pedagogiche.

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