exploring eLearning 2020 – Costruire con Corporate Academy, Università e Terzo Settore una piattaforma di formazione ed education per includere gli ultimi

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Riflessioni conclusive [1] di Gabriele Gabrielli, presidente Fondazione Lavoroperlapersona e docente Università LUISS Guido Carli – 2 luglio 2020


Con l’edizione 2020 di exploring eLearning abbiamo condiviso idee, pratiche e ambizioni aggregandole attorno a 4 pilastri che vale la pena ricordare. Siamo partiti con la sessione dedicata all’apprendimento e all’inclusione; abbiamo proseguito approfondendo i sistemi formativi di digital learning; successivamente abbiamo visualizzato il futuro dell’apprendimento domandandoci quale potrà essere il contributo dell’Intelligenza Artificiale e dei big data; per giungere, infine, alla giornata di oggi guidata dalla metafora delle menti che si connettono grazie al valore creato dalle Academy e dalle best practies aziendali e del Terzo Settore.

Questa edizione è stata un’esperienza unica anche perché è riuscita a far dialogare tanti: accademia, ricerca, manager e professionisti della formazione, tecnologi e learning designer, comunicatori e HR, manager della Corporate Social Responsibility, donne e uomini che si dedicano allo sviluppo delle persone e al people caring. Insomma, una comunità vasta, interdisciplinare, profondamente interdipendente che, con Franco Amicucci, abbiamo riunito per anni attorno alla metafora degli Architetti dell’Apprendimento. Una metafora che, ancora oggi, ha – a mio avviso – senso e fascino. Allora, provo a unire con un filo questo cammino, soprattutto le quattro tappe di questa edizione, per inserirlo all’interno di una cornice di senso più ampia: ciò mi consentirà di lanciare sul tavolo una proposta che, spero, potrà moltiplicare ulteriormente il valore delle nostre giornate di discussione e ricerca.

Il filo, in realtà, lo abbiamo già lanciato a maggio, condividendo l’idea di guardare la formazione e l’apprendimento come responsabilità sociale. Questa idea chiede a tutti di assumere la postura del dare. È quella postura che alcuni economisti e sociologi, come Mauro Magatti, sintetizzano in un vero e proprio cambio di paradigma; alcuni segnali in questo senso ci sono. Alcune imprese, per esempio, stanno mostrando una diversa consapevolezza riguardo alla loro finalizzazione, riguardo, cioè, la loro funzione nel mondo. Imprese che da estrattive di risorse diventano generative di risorse – le società benefit e BCorp ne sono un esempio emergente e disegnano quello che qualcuno chiama Quarto Settore – lasciando visualizzare i contorni di una giving economy che dovrà prendere il posto della taking economy alla quale siamo abituati. È un paradigma che passa naturalmente per l’impegno verso la sostenibilità, non solo economico-finanziaria, ma anche ambientale e sociale. È un paradigma che spinge sempre più numerose imprese a legare strategicamente il proprio business agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda ONU 2030 e a riscrivere radicalmente anche il loro purpose.

Exploring eLearning si inserisce bene in questo fermento, offrendoci l’opportunità di pensare ad un progetto ben più ampio e ambizioso: perché non costruire tutti insieme una grande piattaforma di education e di servizi per l’apprendimento per includere gli ultimi, i più fragili, quelli che nei prossimi mesi saranno messi ai margini?

Per collocare meglio la riflessione e la proposta, vi propongo tre considerazioni. La prima riguarda la consapevolezza che i prossimi mesi saranno tra i più difficili e critici nella storia di questo Paese. È inutile girarci intorno: l’autunno presenterà un conto salato con centinaia di migliaia tra lavoratori dipendenti e intraprendenti (piccoli imprenditori, commercianti, consulenti, professionisti e tanti altri) “spiazzati”; ne hanno parlato recentemente anche Marco Bentivogli e Alfonso Fuggetta preoccupati di come aiutare le PMI.
Perché spiazzati?
– perché molti saranno ancora in CIG, con un futuro incerto;
– perché le imprese in cui hanno lavorato probabilmente chiuderanno, mentre altre saranno tagliate fuori dalle filiere produttive che, nel frattempo, stanno cercando di ridisegnare nuovi modelli di business;
– perché il lavoro professionale che prima offrivano sul mercato non ci sarà più, spazzato via dalla forza di soggetti più organizzati e di rilevanti dimensioni;
– perché ci saranno tanti piccoli imprenditori che vorranno riconvertirsi, cambiare progetto, provare a reinventarsi;
– perché numerosi cassetti di uffici poco abitati in queste settimane si stanno riempiendo di dossier con su scritto “ristrutturazione”, “progetto di riorganizzazione”, dossier che, temo, lasceranno il segno.

Nello stesso tempo, molti altri saranno spiazzati pur continuando ad avere un lavoro. Sarà tuttavia un lavoro diverso, a distanza; magari lavoreranno a casa ruotando con altri colleghi. Disagi insomma ce ne saranno. Il passaggio dallo smartworking dell’emergenza allo smartworking strutturale, come lo chiama Raoul Nacamulli, rimetterà in discussione certezze, competenze, atteggiamenti.  Toccherà il corpo, il cuore e la mente delle persone. Dunque sarà un autunno nel quale moltissime persone saranno nella condizione di dover chiedere aiuto. Cosa chiederanno? Non credo solo una qualche forma di reddito – che comunque sarà a tempo-chiederanno piuttosto di essere aiutate a ritrovare nel lavoro la loro dignità di donne e di uomini. Lo scenario che avremo davanti sarà dunque quello di un grande fabbisogno sociale: occorre per questo un piano straordinario di inclusione che passa anche per la dotazione di risorse che solo la formazione e sistemi di apprendimento possono offrire.

La seconda considerazione che voglio condividere interessa un “fabbisogno” che in questa edizione di exploring eLearning abbiamo evocato più volte attraverso parole come: resilienza, adattabilità, competenze digitali, mindset culturale, programmi di reskilling e upskilling, change management e tante altre. Lo abbiamo fatto, però, pensando per lo più alle persone che lavorano e che continueranno a lavorare; ma il fabbisogno è ben più ampio e articolato. Chi si prenderà cura di rispondere a questo fabbisogno? Chi si prenderà cura degli “spiazzati” e dei più fragili? Possiamo davvero pensare che si tratti di una responsabilità solo pubblica? Possiamo davvero pensare che lo scenario che vivremo non chiami in causa direttamente tutto il sistema produttivo e anche le organizzazioni del Terzo Settore?

Ecco, allora, la terza e ultima considerazione. I lavori di questa edizione di exploring eLearning ci suggeriscono di offrire un contributo per rispondere a questa domanda. Usciamo da un’ampia e partecipata riflessione nella quale abbiamo parlato di connettere le menti, di unire, di attivare processi creativi e abbiamo toccato con mano la ricchezza, il potenziale e la vivacità di numerose Corporate Academy. Perché, allora, non convogliare questa straordinaria energia, una parte ancora inespressa,in un progetto che la organizzi e la metta a disposizione di un Paese che ne avrà tanto bisogno? Perché non costruire un’estesa offerta formativa capace, da un lato, di intercettare i bisogni diversificati degli “spiazzati”, e, dall’altro, di valorizzare le competenze delle decine e decine di Corporate Academy che si sono formate? Possiamo cominciare con quelle che abbiamo ascoltato stamattina, ma il progetto vuole essere aperto a tutti.

Proviamo a immaginare questa proposta che lancio in chiusura dei lavori come ad una matrice dove si incrociano le competenze articolate di ciascuna Corporate Academy con i bisogni altrettanto articolati degli “spiazzati”. Una matrice per disegnare percorsi di educazione e formazione per cassintegrati, commercianti, professionisti che vivranno sospesi, piccoli imprenditori che vogliono provare una nuova idea di business e che cercano aiuto e una sorta di inedito incubatore. Quale modo migliore per mettere a rete pratiche, energia, competenze e farle diventare espressione di una giving education? Un esito, a mio avviso, paradigmatico e generativo dell’ampia comunità degli Architetti dell’Apprendimento che ho evocato all’inizio: una call for action straordinaria per mettere a disposizione energia e competenze, per sostenere le persone e far crescere il Paese.

Chiudo dicendo che un progetto di questa portata, naturalmente, ha bisogno di essere organizzato. Penso, allora, che Skilla, Sirem e la Fondazione Lavoroperlapersona potrebbero impegnarsi a costruire l’architettura di questa piattaforma educativa/formativa e provare a disegnarne l’impianto per proporla ai Ministeri competenti (sicuramente, partendo da quelli del Lavoro e delle Politiche Sociali e dell’Istruzione, Università e Ricerca ma che, crescendo, avrà bisogno di maggiore supporto e sostegno). Sarebbe la testimonianza più autentica che tutti insieme potremmo dare per tradurre in azioni concrete l’idea da cui siamo partiti a maggio: considerare la formazione e l’apprendimento come atto di responsabilità sociale.


[1] Con riduzioni e adattamenti


Gabriele Gabrielli è co-fondatore e presidente della Fondazione Lavoroperlapersona e presidente del Comitato Scientifico del Centro di Ricerca EllePì. Professore a contratto e Professor of Practice di People Management, HRM & Organisation, Organisational Behaviour presso l’Università LUISS Guido Carli e la LUISS Business School. È stato Direttore Risorse Umane e Organizzazione di grandi imprese pubbliche e private. Fa parte del Comitato Scientifico dell’AIDP, Associazione italiana per la Direzione del Personale. Giornalista-pubblicista, scrive per e-magazine e riviste di leadership, risorse umane e management. È direttore della Collana Lavoroperlapersona e co-direttore della Collana Persone, Reti, Lavori edite dalla Franco Angeli.

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