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Rispetto

di Gabriele Gabrielli

Rispetto, un termine di uso frequente ma assai complesso. Un ipertesto di stratificazioni teoriche e di pratiche sociali di cui Roberto Mordacci, un filosofo che insegna all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ricostruisce la geneaologia. Il suo recente saggio sul rispetto, è una lettura piacevole e interessante attraverso cui è possibile rintracciare i molteplici significati e le dinamiche sociali del rispetto nella cultura antica e moderna, in un movimento continuo tra la rilettura di filosofi come Aristotele e Kant e opere della letteratura come l’Odissea di Omero e il King Lear di William Shakespeare.


Chi si rispetta? Qualcuno o anche qualche cosa? In effetti sono molti i soggetti e gli oggetti verso cui si può avere rispetto. Si possono rispettare persone, ma anche avere o richiedere comportamenti di rispetto verso le istituzioni, la storia, la legge e, con sempre più frequenza, anche verso la natura e le sue regole, l’ambiente, le opere d’arte che testimoniano la creatività e il valore del lavoro dell’uomo. Il rispetto sembrerebbe presupporre una asimmetria di poteri. Si rispetta qualcuno, nella dimensione verticale, perchè superiore a noi, come può essere il capo, l’autorità costituita, il re. Il rispetto però si fa strada anche nella dimensione orizzontale, ossia nei rapporti con le altre “libertà” che ci sono di fronte o a fianco.

 

 

 

In questo caso si tratta del rispetto verso la libertà che ciascuna persona ha e che gli deriva dall’esterno o essere riconosciuta come principio fondante l’autonomia di ciascuno. E’ la libertà cui siamo condannati come uomini, per dirla con Friedrich Nietzsche, a imporci di rispettare prima di tutto noi stessi. Gli ambiti del rispetto sono dunque molteplici e ondivaghi, e si estendono progressivamente. C’è il rispetto per le differenze e le identità, ma si può anche rispettare qualche caratteristica particolare che – al di là di qualunque giudizio morale – rende eccellente una prestazione, una qualità, diventa una virtù. In verità – annota Mordacci (p.21)- del rispetto per le differenze “vi sono almeno due versioni, giacchè a volte la differenza è, rispetto allo standard, un meno, cioè una riduzione di opportunità, e altre volte è un più, un’eccellenza o una più ampia possibilità di fare o ottenere qualcosa”.  Ma si può rispettare qualcuno, cioè restituendo lo sguardo (re-spicere),   senza prima riconoscere quell’”essere altrimenti”, direbbe il filosofo Emmanuel Lévinas, che e’ l’altro? “Rispetto e riconoscimento” – scrive ancora Mordacci (p.8) – “sono profondamente connessi: il primo è l’esito richiesto dal secondo, in termini di atteggiamento se non anche di comportamento”. Il rispetto come derivazione del riconoscimento di un potere superiore, ma anche come riconoscimento di un potere interno che ciascuna persona ha in quanto libera e che – nella modernità – si colora con l’insidia del potere di autodeterminazione. Rispetto, infine, anche come riconoscimento del valore di ciascuna persona nel suo contesto relazionale e sociale.
Soggetto e società, persona e comunità nel linguaggio di Emmanuel Mounier, uno e molteplice per mutuare una espressione da Edgar Morin.

 

 

 

Rispetto, una parola forse “consunta”, ma – d’accordo con Mordacci – certamente “potente” e “irrinunciabile”. Una parola su cui costruire le fondamenta per una moderna etica del rispetto della persona, di noi stessi, del lavoro, degli altri, dell’ambiente e di chi verrà dopo di noi, le prossime generazioni.
Una parola su cui esercitarsi a costruire mappe teoriche e pragmatiche per l’essere e per la quotidianità.

Riferimenti
Lévinas E., Altrimenti che essere, Jaca Book, Milano, 1983
MacIntyre A., Dopo la virtù. Saggio di teoria morale, Armando Editore, Roma, 2007
Mordacci R., Rispetto, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2012
Morin E., I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2001
Sennet R., Rispetto. La dignità umana in un mondo di diseguali, Il Mulino, Bologna, 2004

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