Blog EllePì – Scegliere il lavoro. Un paradosso di questi tempi?

Tempo di lettura 3 minuti

di Gabriele Gabrielli

Il lavoro non c’è e, quando c’è, troppo spesso piace poco o per nulla. Ci stiamo abituando a questa mancanza di corrispondenza tra ciò che è offerto e ricercato e ciò che si vorrebbe fare. L’elenco delle possibili cause e concause del fenomeno è lungo, variamente articolato e argomentato. Ma è giusta e “moderna” questa disattenzione verso la soggettività, i sogni delle persone, le vocazioni che ciascuno ha? La reazione più plausibile a questa domanda in una normale conversazione tra amici sarebbe: “stai dando i numeri? E’ un po’ da sconsiderati parlare delle aspirazioni delle persone in un momento come questo dove tutto sembra precario e il lavoro non si trova, non ti pare?”. Già, perché non siamo più abituati ad ascoltare e incentivare le vocazioni. E’ una parola che puzza di vecchio e poco adatta a contesti dinamici come quelli di questa economia. Ha poco senso pratico, dunque, quello che mi scriveva qualche sera fa un giovane imprenditore. Claudio mi ha mandato una mail con gli auguri di buon anno e, scherzando sull’impegno (forse troppo) che entrambi mettiamo nel lavoro, mi scriveva: “Del resto, scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai!”. A costo di passare per sconsiderati, ci pare che valga la pena rispolverare il significato della parola ‘vocazione’ per assegnargli un ruolo decisivo nella vita di tutti i giorni, nell’organizzare e gestire il lavoro nelle imprese, nei sistemi educativi.

La questione di fondo è se sia un bene costruire occupazioni fondate solo sui fabbisogni del mercato o se invece non convenga lavorare per coltivare una visione del mondo dove le persone fanno proprio il lavoro che amano. Un lavoro risuonante con quello che sentono dentro e che farebbero con cura e passione, assicurando prodotti e servizi di qualità e a regola d’arte. Un lavoro di cui si valorizzerebbero maggiormente i contenuti anziché i riconoscimenti estrinseci ad esso collegati, da cui trarre motivazione e gratificazione. Le conseguenze di una prospettiva che tiene poco in conto le vocazioni sono molto concrete. Le paghiamo tutti i giorni, quando lamentiamo, per esempio, di incontrare persone che fanno il proprio mestiere senza passione e da cui veniamo trattati come un problema che minaccia il loro stanco vivere. Invece, vorremmo tutti essere trattati diversamente e “incontrare persone che rispondono alle nostre domande, dei ‘responsabili’ …” [Bruni, 2009]. Non accadrebbe di certo se le persone amassero il proprio lavoro come il giardiniere Egor Seminyc nel racconto Il monaco nero di Cechov, quando dialogando con Andrej Kovrin confessa: “Tutto il segreto del successo non è nella grandezza del giardino e nel numero degli operai, ma nel fatto che io amo il mio lavoro –capisci?- l’amo forse più di me stesso”. Quest’epoca di forte sofferenza sociale, soprattutto giovanile, può essere una occasione per riflettere anche su questo paradosso, per preoccuparsi maggiormente “che ogni giovane possa scoprire la propria vocazione”. Del resto, è questo l’augurio che Steve Jobs ha rivolto ai giovani di Stanford nel suo famoso discorso del giugno 2005 esortandoli a non perdere la fiducia quando capita qualche cosa che “colpisce sulla testa come un mattone”. Bisogna andare avanti e seguire le proprie passioni perché “il vostro lavoro occuperà una parte rilevante delle vostre vite, e l’unico modo per esserne davvero soddisfatti sarà fare un gran bel lavoro. E l’unico modo di fare un gran bel lavoro è amare quello che fate. Se non avete ancora trovato ciò che fa per voi, continuate a cercare, non fermatevi, come capita per le faccende di cuore, saprete di averlo trovato non appena ce l’avrete davanti”. Questa prospettiva, d’altro canto, può essere buona per tutte le età, come testimonia il racconto del manager diventato per scelta tassista dopo 33 anni di lavoro in banca. “Non seguite le sirene del potere” – è il suo consiglio per i giovani – “non cercate un lavoro dipendente, ma un lavoro autonomo, vostro, anche modesto, che abbia un senso per voi. Sarete più soddisfatti”.

 

Riferimenti bibliografici

Benedetto XVI, “Messaggio per la 45^ Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2012)

Bruni L. (2009), L’abbecedario dell’economia civile, Communitas, maggio.

Cechov A.P. (2007), I racconti della maturità, Feltrinelli, Milano, 2007

Jobs S. (2011), Stay hungry, stay foolish, RCS.

Passerini W., “Il manager diventato tassista”, La Stampa, 11 aprile 2011

Download PDF
Blog EllePì - Dialogo, parola, intercultura. L'inclusione sociale passa (anche) da casa
Blog EllePì - Attualità della cultura artigiana