Blog EllePì – Nulla può superare l’umano

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Sentita partecipazione a Roma per il nuovo appuntamento con #Incontri EllePì sul tema “Discutere, domandare, comprendere. Che ne è del pensiero critico?” organizzato dalla Fondazione Lavoroperlapersona.

Il presidente Gabriele Gabrielli

“Perché questo tema oggi? Per discutere di un bisogno, di una competenza, di una emergenza, che chiamiamo pensiero critico” ha dichiarato il presidente della Fondazione Gabriele Gabrielli in apertura dei lavori, dopo aver presentato la Fondazione stessa. “Siamo in un’epoca complessa dove si pensa che sia facile disorientarsi, essere spaesati, che la nostra voce non si senta in mezzo alle urla. Oggi ci domandiamo se possiamo fondare la convivenza sullo schiamazzo, stare zitti e adeguarci a quello che fanno tutti, educare i giovani a fare poche domande e adattarsi, a fare buon viso a una cultura prevalente. Certamente no. Il pensiero critico è quindi una competenza importante. Dobbiamo rimettere al centro della società, della politica, della scuola e nei luoghi del lavoro parole come ascolto, dialogo, rispetto, domande, pensiero autonomo, per farle diventare pratiche educative, una dotazione civile, un patrimonio di capacità che non ci può essere espropriato perché è una garanzia che ci appartiene, è un indice del cambiamento sociale a cui tutti aspiriamo”.

La giornalista e responsabile dell’ufficio stampa della Fondazione Lavoroperlapersona Asmae Dachan, ha introdotto i due relatori, il professor Piero Dominici e il dottor Francesco Roma, affermando che alcuni meccanismi della rete oggi hanno riprodotto l’atmosfera descritta da Platone nel mito della caverna e che per questo è importante uscire e aprirsi a un mondo in evoluzione.

Da sinistra la giornalista Asmae Dachan, il professor Piero Dominici e il dottor Fabio Roma

Il professor Piero Dominici, docente di Comunicazione pubblica, intelligence e sociologia dei fenomeni politici all’Università degli Studi di Perugia ha affermato che “oggi dobbiamo ripensare a fondo la questione della cittadinanza, che non è più solo una questione giuridica, ma anche una questione di altre variabili che appartengono all’ambito sociale e culturale. Cambiano regole di ingaggio della cittadinanza; ci sono studi che indicano che la scuola e l’università sono tornate ad essere agenzie di selezione e non più di emancipazione. L’origine geografica, politica, economica determina le scelte in termini di percorso scolastico e di formazione e queste sono variabili che hanno una stretta correlazione con i tassi di abbandono scolastico e universitario”.

Roma, IncontriEllepì “Che ne è del pensiero critico”

A partire da questo presupposto, il professore ha proseguito affermando che “Il digitale costringe a ridefinire la questione della cittadinanza, perché viene cancellato ogni confine e limite tra sfera pubblica e privata, con la perdita di credibilità delle istituzioni e una forte anti-politica dovuta a un sistema molto tv centrico. Il problema di fondo è la sottovalutazione del problema che il digitale avrebbe portato alla fluidificazione dei rapporti sociali, alla semplificazione dei processi e delle dinamiche. In realtà siamo andati nella dimensione opposta. Il contesto sottovaluta il fattore umano come fattore scatenante e trainante anche dei processi economici. Dovremmo provare a mettere in discussione il primato dell’economia.

Siamo passati da modello di sviluppo costruito sul lavoro a modello incentrato sul consumo che ha portato a coincidenza tra diritti del cittadino e del consumatore, ma ciò provoca il fatto che, se si arresta l’economia, si arresta tutto. Dobbiamo rimettere al centro la persona, recuperare le dimensioni complesse della complessità educativa; l’educazione non può essere solo l’estensione dei processi educativi al cambiamento tecnologico, è qualcosa di più profondo. Ci sono implicazioni epistemiologiche, cambia il nostro modo disconoscere, rappresentarci e definire la realtà”, ha concluso Dominici.

Il dottor Fabio Roma

C’è uno studio del World Economic Forum secondo cui il 65% dei bambini della scuola primaria faranno lavori che oggi non esistono. L’Italia è un Paese con un tasso di disoccupazione molto alto, e tutte le indagini confermano non c’è incontro tra domanda e offerta di lavoro. Fabio Roma, dottore di ricerca in psicologia sociale e psicologo del lavoro, ricercatore all’agenzia Anpal, ha iniziato il suo intervento spiegando il cambiamento di sguardo sul concetto del lavoro. “Per gli antichi romani il lavoro era cosa spregevole, lavoravano gli schiavi, non era bello, non era considerato importante. Il lavoro oggi è importante, anche più del passato”.

“Come Anpal”, ha aggiunto il dottor Roma, “abbiamo deciso di impegnarci su un’indagine dell’ Ocse che prende in esame un campione tra i 16 e i 65 anni, e che si concentra sulle competenze fondative. La literacy  (la capacità di leggere un testo e trovarci le info necessarie per fare qualcosa quotidianamente) è una delle tre competenze fondamentali che l’indagine esamina. Ne emerge che l’Italia è quartultima, ma migliorerà. I laureati italiani hanno competenze di literacy più basse dei diplomati giapponesi. È una situazione paradossale, siamo un Paese con competenze di base basse, ma molte persone 6% non avrebbero le competenze necessarie per fare il lavoro che fanno, mentre l’11 % fa un lavoro per cui ha competenze superflue. C’è un mismatch, una discrasia. Più del 40% delle persone fanno lavori che non corrisponde al percorso di formazione e studio che hanno fatto”.

Le sfide sono molte e servono risposte urgenti. “Bisognerebbe creare una base comune a tutti i percorsi di studi”, ha ripreso il professor Dominici. “Il pensiero critico non va insegnato all’università, ma prima che la formazione sia già strutturata. Servono figure ibride, i percorsi tattico formativi, al di là degli ambiti disciplinari, non possono che specializzarsi, ma devono dialogare tra loro. La ricerca riorienta la teoria. Anche le decisioni razionali hanno base emotiva. Le figure ibride devono avere una base comune in termini di formazione epistemiologica e metodologica. Bisogna rieducare all’empatia e alla libertà, alla responsabilità  in chiave relazionale che presuppone il noi, noi come persone, al posto dell’io”, ha concluso il professor Dominici.

Il presidente Gabriele Gabrielli ha chiuso i lavori con un auspicio: “Viviamo in una società in cui siamo interconnessi e c’è non prevedibilità. Non c’è qualcosa che può superare l’umano. I robot non potranno mai lavorare sulla complessità perché lavorano su cose edite, non inedite. Bisogna riportare l’umano negli spazi civili in tutta la sua ricchezza e potenzialità”.

Il prossimo evento della Fondazione Lavoroperlapersona si terrà a Roma il 13 giugno con la Fondazione Telethon; sarà un’iniziativa dedicata al tema delle fragilità a lavoro. Per restare aggiornati consultare il sito www.lavoroperlapersona.it

Autore: Asmae Dachan è giornalista freelance e scrittrice, esperta di Medio Oriente, migrazioni e diritti umani, responsabile Ufficio Stampa della Fondazione Lavoroperlapersona, ambasciatrice di Pace dell’Università della Svizzera per la Pace.

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