Blog EllePì – A margine dei dialoghi filosofici ospitati dal Film Festival

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“Intrecciando fragilità e speranza. Cinema e percorsi narrativi sul lavoro”

Il 10 maggio scorso, seconda giornata della prima edizione del Film Festival Offida organizzato dalla Fondazione Lavoroperlapersona nei che luoghi più suggestivi della cittadina picena, la Sala Consiliare del Comune ha fatto da palcoscenico a due dialoghi filosofici volti a riscoprire le dimensioni della persona e del lavoro nella contemporaneità, esplorando l’uomo e i suoi legami declinati secondo il paradigma del bene comune. Simonetta Recchi e Paride Petrocchi ci propongono una loro lettura sottolineando i passaggi più significativi delle riflessioni ascoltate.

 

Per valorizzare il lavoro ricominciamo dalla scuola

A margine di uno dei dialoghi filosofici del Film Festival

di Simonetta Recchi

Persona e lavoro. Individualismo o reciprocità è stato l’argomento affidato alle riflessioni di Elena Pulcini, professore ordinario di Filosofia Sociale presso l’Università di Firenze e Luigi Alici, professore ordinario di Filosofia Morale presso l’Università degli Studi di Macerata.

Proiettati nella situazione che l’Italia sta attualmente vivendo ci troviamo di fronte all’atrocità della domanda retorica “il lavoro uccide?”. Si, il lavoro uccide, o meglio, è la mancanza di lavoro che può generare le sue vittime.

Le lotte per l’emancipazione del ‘900 erano lotte in cui il lavoro emergeva come luogo di lotta, come fabbrica della solidarietà, della reciprocità, della partecipazione. Tutto ciò sembra finito e il lavoro sembra essere diventato il bubbone della società. Si sta assistendo ad un ritorno alla povertà di cui molto spesso i più si vergognano e che induce molti a cadere nella trappola delle false alternative, nella ricerca della medietà di un lavoro senza qualità. La crisi allora non è più una fase transitoria, ma rischia di divenire un modo d’essere rispetto al quale si fermano le lancette degli orologi.

Siamo nell’epoca delle passioni tristi all’interno della quale l’esito della solitudine storica che si percepisce porta alla perdita di un’appartenenza storica, del rapporto fra generazioni.

Sala Consiliare di Offida. Nell’immagina da sinistra: Elena Pulcini, Simonetta Recchi e Luigi Alici.

Il tasso dei suicidi è in crescita e l’intollerabile odore di morte di cui la società è intrisa, il senso di inquietudine ad esso connesso fungono da campanello d’allarme e rappresentano l’anticamera della costruzione di soluzioni alla drammatica situazione che stiamo vivendo. È necessario superare il tabù della vergogna, rompere la solitudine anteponendo la responsabilità personale agli apparati anonimi, recuperando il senso del servizio sociale al di sopra del profitto. La tirannia dell’economia, artefice di un vuoto di valori incolmabile, dell’anarchia dei mercati deve essere deposta e lasciar spazio a un’etica dei bisogni. Soltanto recuperando una rete dell’indignazione e coinvolgendo dunque luoghi di lavoro insieme a lotte per le rivendicazioni sociali può essere ridata dignità al mondo del lavoro. Quello che si deve fare è riacquisire la fiducia in uno dei fondamentali umani: “il saper cominciare”. Forse allora, prima di tutto, è la scuola l’istituzione su cui investire per ricominciare. La scuola che deve educare al mondo del lavoro e non più guardarlo dall’alto in basso, la scuola in cui i nuclei politici dovrebbero seminare senza più preoccuparsi di raccogliere soltanto per sé. Bisogna recuperare il senso della nostra storia e per questo è molto importante l’eredità del filosofo Block che ci fa riflettere sul fatto che il futuro si trova nel passato, e non solo in senso euristico. Guardando al passato si possono riconoscere lavori incompleti e incompiuti che giacciono inesplorati nelle miniere della storia.

L’invito che ci viene rivolto è dunque quello di far tesoro del passato, dell’attuale crisi e guardare avanti, cercando di riposizionare il lavoro al di sopra del capitale.

 

Profilo dell’autore

Simonetta Recchi frequenta il corso di Laurea Specialistica in Scienze Filosofiche all’Università degli Studi di Macerata, sempre a Macerata ha conseguito la Laurea in Filosofia, nel novembre 2012. Diplomata in conservatorio in solfeggio e pianoforte complementare sta proseguendo gli studi musicali di violino presso l’Istituto musicale G. Sieber di Offida. Suona il violino con il gruppo di musica folk-popolare “Progetto Malafè” e il clarinetto nel Corpo Bandistico Città di Offida.

 

Un’economia a misura d’uomo, non un uomo a misura dell’economia.

A margine di uno dei dialoghi filosofici del Film Festival

di Paride Petrocchi

Il secondo dialogo filosofico, invece, ha provato a rispondere alla domanda “Esiste una via per un’altra economia?”. Il dialogo ha visto come protagonisti Alfonso Iacono, professore ordinario di Storia della Filosofia all’Università degli Studi di Pisa e Roberto Mancini, professore ordinario di Filosofia Teoretica all’Università degli Studi di Macerata.

Un interrogativo, quello sovraesposto, che non riguarda solo la realtà prettamente economica ma che tocca e si lega, in maniera indissolubile, con l’orizzonte dei valori umani e del senso della vita. E’ proprio da questo orizzonte che il professor Iacono cerca di sviluppare la sua riflessione in primo luogo cercando di individuare l’inizio della crisi valoriale intorno agli anni ’80 con la suddivisione tra valori, disvalori e non valori, e in secondo luogo ponendosi un’altra questione, alla luce dell’oblio dell’eredità valoriale: qual è, ai nostri tempi, la nuova fonte di valori? Se la risposta è il mercato economico – sottolinea Iacono- non possiamo stupirci che il compito di indicare il senso della nostra vita sia affidato all’economia. Secondo Iacono,  è a questo livello che dobbiamo combattere il sistema economico, responsabile di questa crisi prima finanziaria poi economica ma che nasce da una più radicale crisi antropologica; non possiamo affidare un compito così delicato, come il delineare il senso della vita, a tale sistema, non ci possiamo permettere che permanga il criterio: “l’importante è avere successo e farcela, anche a spese degli altri”. Da qui nasce l’esigenza, sempre più urgente, di reinserire all’interno dell’economia l’etica, liberarsi delle “catene” con cui il mercato ci tiene legati, perché se ci abituiamo alle catene, dopo non ne possiamo più fare a meno. Quindi dobbiamo, come gli ospiti della caverna di Platone, liberarci dalle catene e andare verso l’uscita, se non abbiamo il coraggio di fare ciò subiremo una mutazione antropologica e diventeremo da cittadini a sudditi. Il futuro della società dipende da questa nostra capacità di ridonare senso alla vita partendo da valori diversi e più umani rispetto a quelli che l’economia vuole imporci e ci impone; solo partendo da ciò possiamo aprire la via per un’altra economia.

Sala Consiliare di Offida. Nell’immagina da sinistra: Alfonso Iacono, Paride Petrocchi, Roberto Mancini.

Anche il professor Mancini pone come punto di partenza del suo discorso l’importanza del “futuro” e si chiede: “Siamo capaci di accogliere il futuro?”, la realtà in cui ci troviamo sembra negare l’apertura ad esso, invece ogni nostra istituzione, che sia politica, sociale ed economica, deve essere capace di garantire tale prospettiva, nella quale può essere riscoperto il valore della speranza, che è la grande assente nel mondo contemporaneo. In questo particolare periodo storico -nota Mancini- l’economia ha inglobato la società. La stessa economia non può accontentarsi di chiedersi quale sia la sua funzione immediata, ma deve interrogarsi sul suo senso più profondo, non può essere troppo appiattita sul presente ma deve avere uno “sguardo lungo”. Dopo essersi interrogati sul senso dell’economia, si devono percorrere le nuove vie che portano ai diversi tipi di economia. Infatti, secondo Mancini, esistono varie forme di economia che possono essere percorse tutte con un po’ di coraggio; è un

’illusione pensare che ci possa essere un solo tipo di economia. E’ necessaria, però, una diversa antropologia che superi la visione dell’“homo oeconomicus” per riscoprire ciò che ci rende veramente umani.

Da dove partire? Innanzitutto da diversi criteri per una nuova economia: come il valore del bene comune o lo sviluppo della democrazia, oppure riscoprire logiche diverse come il dono oppure la fiducia negli scambi. In conclusione si possono muovere con fiducia e coraggio i primi passi verso un’altra economia.

 

Profilo dell’autore

Paride Petrocchi frequenta il corso di Laurea Specialistica in Scienze Filosofiche all’Università degli Studi di Macerata, sempre a Macerata ha conseguito la Laurea in Filosofia, nel novembre 2012. Attualmente collabora con l’Ufficio di Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Ascoli Piceno, di cui è vice direttore, ed anche con l’Ufficio di Pastorale giovanile. E’ anche redattore del periodico “Offida e Dintorni”.

 

 

 

 

 

 

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