Blog EllePì – Pensare e insegnare la fiducia

Tempo di lettura 4 minuti

di Raffaella De Felice

rdfL’arrivo ad Offida un lunedì mattina di fine luglio, dà la sensazione di essere sbarcati in una dimensione sospesa nel tempo. Il luogo perfetto in cui scambiare pensieri, ricevere stimoli, sedimentare idee. Una cornice d’eccezione che ha animato per un’intera settimana una Summer School speciale, dedicata a un tema tanto importante quanto complesso com’è quello della fiducia. Le parole chiave che hanno contraddistinto la didattica sono inter-disciplinarietà e orizzontalità: entrambe presenti non solo nei docenti che hanno analizzato il tema da punti di vista diversi, ma anche negli studenti. Economisti, storici, giuristi, storici, filosofi, politologi, formatori, sociologi: persone con percorsi ricchi per diversità e interessi la cui interazione ha permesso di scardinare i propri punti di partenza, le idee legate alle discipline di appartenenza, a beneficio di una sintesi più ricca e completa, così spesso tanto difficile da raggiungere.

Un’esperienza intensa, caratterizzata da una costante ricerca di scambio a volte faticoso, come è faticosa la conquista di un alfabeto e di uno spazio di pensiero comune, che mi ha lasciato una sensazione rara di completezza e idee nuove da coltivare. Sin dall’inizio è stato chiaro che, da qualsiasi prospettiva la si analizzi, la fiducia costituisce un bene cruciale e insostituibile in tutti i rapporti tra esseri viventi: siano essi bilaterali, come quelli di coppia, siano essi organizzati in una fitta rete, come quelli di una comunità. In questo senso sembra corretto parlare di fiducia come bene “relazionale”. Una seconda, e conseguente, caratteristica sostanziale di questo bene è, senza dubbi, la sua natura immateriale, poiché essa scaturisce nel rapporto tra persone ed è sottoposta a continue “prove” da parte degli individui chiamati a darne e a riceverne: ci fidiamo dell’altro quando affidiamo ad altri una nostra scelta o un’azione che produrrà conseguenze per noi stessi. Può trattarsi di rapporti di amicizia o di amore, ma a ben guardare si tratta di eventi che avvengono quotidianamente nelle nostre vite e che vanno anche ben oltre i rapporti tra singoli individui: basti pensare agli acquisti online che ci consentono di acquistare beni senza vederli né conoscere l’altro contraente o, ad esempio, ai genitori che affidano i propri figli ad una tata. Tutti questi esempi evidenziano un’ultima importante caratteristica del concetto di fiducia, ovvero il fatto che si tratta di un bene che affonda le sue radici nella reciprocità, all’idea che possa esistere una disposizione negli individui a reciprocare, ossia a rispondere in modo similare a input ricevuti da altri individui, attribuendo a qualcuno (o a qualcosa) la potenzialità di essere conforme ai propri desideri, a soddisfare le proprie attese. In quest’aspetto la fiducia si distingue dalla fede, mentre la prima è, infatti, legata alla nostra esperienza e soggetta a revoche, quest’ultima è invece cieca e incondizionata. La natura revocabile della fiducia è riflessa anche nella sua etimologia, la radice germanica di fiducia, in inglese “trust” è “trausti” il cui significato letterale è “accordo”, proprio a indicare che la fiducia è soggetta ad accordo e revoca. E proprio questa sua “libertà” e “assolutezza” (decidiamo di fidarci o no) costituisce l’aspetto più complesso della natura della fiducia: ci fidiamo non tanto perché non possiamo fare l’uno a meno dell’altro (in questo caso dovremmo parlare piuttosto d’interdipendenza), mentre la fiducia prevede sempre la possibilità per l’altro di non ricambiare, di tradire l’altro. Tuttavia, nonostante questa possibilità esista, scegliamo di fidarci perché, finché le nostre attese verso l’altro saranno realizzate, avremo soddisfatto un nostro desiderio e, quindi, sperimentato la felicità.

Va da se che la fiducia, essendo basata su proiezioni di nostri desideri sugli altri, sia un bene fragile. Tale fragilità si amplifica nel passaggio tra fiducia inter-personale, tra due individui, a una fiducia sistemica, ovvero nei confronti della società, della comunità che abitiamo. Tale passaggio, infatti, richiede un interrogativo obbligato: si può sistematizzare la fiducia? In altre parole, la sfida di società complesse come la nostra risiede appunto nella capacità di gestire e far crescere la fiducia presente dei membri della comunità nei confronti della stessa. La sistematizzazione dei rapporti di fiducia emerge in maniera evidente da un punto di vista storico in un percorso parallelo con quello dello sviluppo della civiltà moderna: la nascita degli istituti bancari come risposta ad una richiesta d’intermediazione finanziaria, la scuola come mandato rispetto ad un’esigenza di formazione che andasse oltre il proprio nucleo familiare di appartenenza, sono solo alcuni evidenti esempi che dimostrano una ricerca continua dell’uomo di sistematizzazione dei rapporti di fiducia. D’altronde lo stesso voto, cardine della democrazia rappresentativa contemporanea, costituisce un esercizio importante di fiducia che ogni cittadino è chiamato a compiere periodicamente. Tuttavia, a una più attenta riflessione risulta evidente come la crisi di cui sono affette le società contemporanee derivano proprio dai limiti, sempre più chiari, di una delega all’esercizio individuale di fiducia a beneficio di regole e procedure. Laddove regole e procedure possono aiutare, ma non esonerarci dal compiere un atto di fiducia o sfiducia. Un bene cangiante come la fiducia non può, infatti, essere riduttivamente incastrato entro regole, limiti e confini pre-confezionati: le recenti crisi dei mercati finanziari, il disinteresse dei cittadini nei confronti del dibattito politico sono solo i segni più evidenti di un sistema che scricchiola sotto il peso della richiesta di responsabilità a fidarsi, a dare fiducia e restituirne agli altri.

In quest’ottica, il passaggio da un piano di fiducia micro, inter-personale, ad uno macro, ovvero sociale, richiede un’attenta gestione delle attese dei cittadini attraverso la creazione di opportunità partecipate e condivise, possibili solo incentivando un processo di educazione alla fiducia, come bene da difendere e tutelare. Si tratta, in realtà, di ciò che può essere definito come un “diritto-dovere” di educazione: dovere a mettere in atto buone pratiche di apertura alla comunità contribuendo ad uno sforzo di individuazione, consapevolezza e rispetto dei valori comuni e, d’altro canto, diritto di esercitare attivamente le proprie aspettative e, qualora necessario, far venire meno la propria dose di fiducia all’interno della comunità stessa.

Per approfondire

Alvesson, M. e K. Sköldberg (2000). Reflexive Methodology. London: Sage.

Coleman, J. S. (1988). Social Capital in the Creation of Human Capital, American Journal of Sociology 94: 95–120.

Fukuyama, F. (1995). Trust: The Social Virtues and the Creation of Prosperity. London: Hamish Hamilton.

Gächter S., B. Herrmann, C. Thöni  (2004). Trust, voluntary cooperation, and socio-economic background: survey and experimental evidence, Journal of Economic Behavior & Organization,  55 – 4, pp. 505–531.

Gambetta D. (1988), Trust: Making and Breaking Co-operative Relations. Oxford: Basil Blackwell.

Herreros F., H. Criado (2008), The State and the Development of Social Trust, International Political Science Review 29: 53-71.

Lane, C. (1998). Introduction: Theories and Issues in the Study of Trust, pp. 1–30, in C. Lane and R. Bachmann, Trust Within and Between Organizations. Oxford: Oxford University Press.

Luhmann, N. (1979).Trust and Power: Two Works by Niklas Luhmann. Vertrauen (1968) and Macht (1975). Chichester: John Wiley.

Seligman, A. (1997). The Problem of Trust. Princeton, NJ: Princeton University Press.

Simmel, G. (1950). The Sociology of Georg Simmel. Traduzione e introduzione di K. H. Wolff. New York: Free Press (edizione originale in tedesco 1908).

Sztompka, P. (1999). Trust: A Sociological Theory. Cambridge: Cambridge University Press.

 

Profilo dell’autore

Raffaella De Felice, laureata in Relazioni Internazionali, ha conseguito un Dottorato in Filosofia Politica presso l’Università LUISS di Roma con una ricerca sul rapporto tra mobilità sociale e fiducia. I suoi interessi comprendono i temi legati al cambiamento sociale e delle organizzazioni, lo sviluppo sostenibile, la definizione e la valutazione delle politiche pubbliche con un interesse particolare per quelle sociali ed educative.

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