Blog EllePì – Chi ha l’autorità per giudicare le nuove generazioni?

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Caduta l’epoca della vanità, ritorni quella della responsabilità

di Gabriele Gabrielli

Dobbiamo aggrapparci da qualche parte. Oggi, quando tutto sembra tremare – come nelle tragiche immagini che continuano a giungere dalle zone terremotate dell’Emilia Romagna – sentiamo il bisogno di ancorare la speranza che ancora nutriamo per tradurla in motivazione a crescere e fondare un nuovo sviluppo. In molti hanno detto e scritto che ogni crisi ha del ‘buono’, perché ci offre l’opportunità di un cambiamento profondo, l’occasione per invertire la rotta o per indirizzarla su un percorso sostenibile. Del resto, non c’e ambito dell’agire umano risparmiato da questa instabilità che, ancor prima che economica e finanziaria, si è pienamente dimostrata morale e culturale. Come un effetto domino si abbattono uno dopo l’altro i modelli e le idee ‘urlate’ negli ultimi anni. Evidentemente non poggiavano su basi solide e rappresentavano – per usare le categorie di Sant’Agostino nel De Civitate Dei– la vanità piuttosto che la verità.

Sono categorie che esprimono logiche opposte come chiarisce Bruno Forte: “ … la vanità è connessa al primato dell’apparenza, a quel trionfo della maschera che copre interessi esclusivamente egoistici e prospettive di corto raggio … la verità è invece quella che misura le scelte sui valori etici permanenti …”. Questa nuova caduta degli idoli sta creando in molti sgomento e disorientamento. In altri suscita rattrappimento, mentre crescono i segnali di una “società della rabbia” che rischia di infuocare il Paese. Un taxista di Milano, qualche giorno fa, mentre commentavamo durante il tragitto che mi portava alla stazione centrale la crescita di comportamenti arroganti che osservava quotidianamente, mi ha detto: “Questa è una città che si sta incattivendo sempre di più. Non so se succede così anche da altre parti …”. La caduta delle certezze può provocare poi scoraggiamento e voglia di fuga. Soprattutto nei giovani che vorrebbero invece costruire una vita di senso per sè e per gli altri anche con il lavoro, che invece continua a evaporare. Gli ultimi dati sulla occupazione sono ancora di segno negativo e peggiorativi. Non ci conforta essere in buona compagnia nell’eurozona. In questo tempo però si stanno sviluppando anche grandi capacita di resistenza, che sfociano nella determinazione a voler ricominciare su nuove basi. Sono molte le imprese e gli imprenditori che testimoniano con coraggio e generosità questa speranza. Sono numerosi gli educatori impegnati nelle scuole primarie e secondarie, nelle superiori e nelle università, nei dottorati e nei master a condividere la passione e il rispetto per gli altri, a immaginare e discutere di un’economia e di una società fondate sulla ricerca del bene non solo individuale ma anche comune. Malgrado la terra continui a tremare sono numerose le famiglie che si stringono le une alle altre per condividere quello che hanno, sostenute e incoraggiate da quell’ampio e articolato tessuto di “buona amministrazione” che alimenta e nutre ancora territori, comunità, società civile. C’è poi un altro ancoraggio che ci sostiene e offre sicurezza e conforto alla nostra speranza. In questo periodo non sono mai mancate le preziose indicazioni e l’incoraggiamento di leader e autorità civili e morali che – per nulla propense a inchinarsi alla ideologia della ricerca del consenso – sanno parlare al cuore della gente lanciando sfide e richiamando ciascuno alle proprie responsabilità. E’ straordinaria la sintonia che traspare da due recenti interventi, uno di papa Benedetto XVI e l’altro del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il primo, in occasione della sua visita a Sansepolcro (13 maggio) mentre ricordava come “il bene comune conta più del bene del singolo”, chiede ai giovani di “non rinchiudersi in se stessi, ma di farsi carico degli altri” invitandoli a “saper pensare in grande” avendo il coraggio di osare. Espressione che ci fa venire in mente, con una digressione, anche la pedagogia del professor John Keating, impersonato dall’attore Robin Williams nel film L’attimo fuggente, quando nell’invitare i suoi ragazzi a salire sopra la cattedra per guardare il mondo sempre da diverse prospettive li incoraggiava così: “ …Figlioli dovete combattere per trovare la vostra voce, più tardi cominciate a farlo, più grosso è il rischio di non trovarla affatto”. E continuava: “Osate cambiare, cercate nuove strade!”. Dieci giorni dopo l’intervento di Benedetto XVI in terra toscana, il presidente Giorgio Napolitano – mentre era nell’aula bunker di Palermo per commemorare Giovanni Falcone – esprime cosi l’affidamento del Paese sulle nuove generazioni rotto dalla commozione: ” … completate con impegno la vostra formazione, portate avanti il vostro apprendistato civile, e scendete al più presto in campo, aprendo porte e finestre se vi si vuole tenere fuori …”. Un appello straordinario rivolto, a ben guardare, non solo ai giovani, che donano – per usare ancora le parole di Benedetto XVI – “nuovo sapore all’intera società”, ma a un’intera classe dirigente che deve avere il coraggio di farsi da parte, in tutti i campi, lasciando spazi per creare opportunità, aprendo senza indugio le finestre dell’accesso al lavoro e quelle di maggiori responsabilità per i più giovani.

Nessuno ci ha dato l’autorità di giudicare le nuove generazioni, piuttosto condividiamo la responsabilità e il dovere di accoglierle e aiutarle. Soprattutto quando la terra trema e lo sciame sismico non sembra volerci accordare nemmeno una tregua. “Pensate in grande”, ha detto il papa esortando i giovani. Siamo noi che dobbiamo farlo per primi, con iniziative coraggiose e assumendocene i costi se ci sono, lasciando che all’”apprendistato civile” dei giovani si accompagni anche l’apprendistato e l’impegno nei luoghi di lavoro. Perché la mancanza di lavoro è “una ferita grave alla persona, alla famiglia e al bene comune”.

 


Riferimenti

Forte B., “La scommessa giusta”, in Il Sole 24 Ore, 3 giugno 2012

Forte B., Perché il Vangelo può salvare l’Italia, Rizzoli, Milano, 2012

La società della rabbia” Dossier, in Mente & Cervello, n.90, Anno X, giugno 2012

 

 

Profilo dell’autore

Gabriele Gabrielli è Presidente della Fondazione Lavoroperlapersona e docente di Organizzazione e gestione delle risorse umane all’Università LUISS Guido Carli. E’ anche Direttore del programma Executive MBA della Luiss Business School. Formatore e coach, i suoi ambiti di attività riguardano la consulenza e ricerca nel campo dello sviluppo organizzativo, leadership e risorse umane. Tra i suoi volumi più recenti ci sono Post–it per ripensare il lavoro, Franco Angeli, Milano 2012; People management, Franco Angeli, Milano 2010.


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